Un libro nato dall’inquietudine per le tendenze oligarchiche dalle quali la nostra democrazia appare infetta. Un dialogo tra due grandi intellettuali per contestualizzare la situazione italiana e il suo rapporto con quella europea, chiedendosi se l’emergere di questi poteri forti rappresenti il risultato del divorzio annunciato tra capitalismo e democrazia. Questo è La maschera democratica dell’oligarchia, di Luciano Canfora e Gustavo Zagrebelsky, che ieri erano presenti, con Gian Antonio Stella, Ezio Mauro e Nello Preterossi, al Salone Internazionale del Libro di Torino per mettere in allarme chi ha un’altissima concezione dell’ideologia democratica e quindi non si fa premure nel criticare ciò che in essa non funziona.
L’origine delle piccole oligarchie nello Stato italiano, come fa notare Stella, risale addirittura al 1862, anno in cui l’appalto per la costruzione delle ferrovie meridionali venne affidato alla società, capeggiata da un ex ministro delle finanze appena dimessosi, nel cui CdA vi erano 14 parlamentari su 22 membri. Ancora oggi, anche a causa della sua storia, caratterizzata dalla frammentazione dei comuni e degli Stati regionali, l’Italia presenta gruppi sociali piccoli, ma assai influenti, che utilizzano la propria posizione privilegiata per tentare di accentrare tutto il potere nelle loro mani.
Nel dialogo di Canfora e Zagrebelsky, afferma Ezio Mauro, l’analisi critica della democrazia tipica dei due autori viene portata avanti per rendere i cittadini consapevoli che, nella forma di governo attuale, qualcosa va sistemato, o queste tendenze di chiusura della classe dirigente finiranno per svuotare di senso tutta la nostra politica, determinando il trionfo del nichilismo della società. L’Europa, infatti, mostra apertamente la sua inadeguatezza agli ideali che sostiene e al patto sociale che ha sottoscritto. Il potere nella società odierna, invece, si sposta da luoghi in cui è direttamente controllabile dai cittadini, ad un’utopia, una sorta di non-luogo, in cui i poteri forti prendono le decisioni, salvo poi scaricare tutti i problemi a livello territoriale. La democrazia, quindi, ha problemi sostanziali e giustifica le sue azioni più abiette, come il controllo di cittadini e capi di Stato da parte della NSA, per il motivo peggiore: perché la tecnologia poteva farlo. La distanza così creata tra l’agente e la sua azione esautora sia l’opinione pubblica, che non si interroga su ciò che succede, sia chi ha compiuto l’azione stessa, dalle sue responsabilità di carattere etico.
Ciò spinge Luciano Canfora a chiedersi perché la democrazia abbia funzionato, come sistema di governo, per trent’anni, mentre ora sembri soccombere ai colpi di queste oligarchie sempre più forti, che spaziano da quelle piccole del politico di paese a quelle sovranazionali. In realtà, afferma lo studioso, il percorso della democrazia, fin dai tempi della Grecia classica, non è mai stato portato a termine ed è andato avanti solo come reazione a chi voleva concentrare il potere nelle mani di pochi. Al giorno d’oggi questa situazione d’incompiutezza è aggravata dalla scarsa qualità delle informazioni che riceviamo, fortemente reticenti e caratterizzate da un linguaggio volutamente menzognero, spesso mutuato dalle dichiarazioni dei governanti.
Secondo Gustavo Zagrebelsky, queste pratiche provocano un rovesciamento nel senso stesso della democrazia, storicamente connotata come una rivendicazione dei propri diritti da parte degli esclusi e ora sempre più mezzo di autodeterminazione degli inclusi. Ma quando un sistema di questo tipo, formato dalla stratificazione di caste, avrà consumato tutte le risorse a sua disposizione, si distruggerà dall’interno. Allora la soluzione potrà essere di carattere autoritario, di chiusura delle istituzioni su se stesse, oppure di riappropriazione democratica dei poteri che sono stati tolti ai cittadini. Quindi, che fare?
Riccardo Cavallari, Matteo Erli e Andrea Gabban
Liceo Classico Statale “L. Ariosto”, Ferrara
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