Armando Massarenti ha presentato, Sabato 16 al Salone del Libro, “Istruzioni per rendersi felici”, un testo che vuole essere un manuale che, ripercorrendo gli sviluppi del tema etico nella storia della filosofia, si pone l’obiettivo di fornire al lettore un decalogo veloce per raggiungere la felicità. L’autore spiega di non aver desiderato esprimere la sua idea personale di felicità attraverso il libro, che lui definisce come formato da “esercizi spirituali” (citando il filosofo Platone), gli stessi esercizi dai quali è partita l’ispirazione per la scrittura del testo. Comincia così il viaggio lungo la strada percorsa dalla filosofia, a partire proprio dai più antichi pensatori greci e sviluppando le loro idee di felicità.
Platone, per esempio, parla di come essere felici attraverso la filosofia: secondo la teoria dell’intellettualismo etico, colui che conosce il bene automaticamente lo compie, diventando virtuoso e quindi felice. Ma questa visione ha un marcato limite pratico, basti pensare all’esempio dello smettere di fumare. Anche se bisogna dire che tutti i filosofi antichi hanno sempre concepito il raggiungimento della felicità come un “lungo lavorio”, un processo complesso e faticoso, tutt’altro che immediato.
Gli stoici paragonano, invece, la condizione umana ad un branco di cani legati ad un carro tramite un filo; le possibili posizioni da assumere in questo caso sono due: nella prima è il carro, che nella metafora rappresenta il destino, a trascinare i cani (gli esseri umani), mentre nella seconda, quella suggerita dai filosofi stoici, sono i cani ad andare incontro al carro davanti a loro. Un’altra importante questione da considerare parlando di felicità è la libertà relativa dell’uomo, il quale ha bisogno di credere nel libero arbitrio e quindi nella possibilità da parte sua di controllare almeno parzialmente la propria vita.
Qual è, invece, il ruolo delle emozioni in tutto ciò? Spesso, infatti, si tende ad associare questo termine con il concetto di felicità, ma quanto c’è di corretto in tale collegamento? La risposta presuppone un rapporto tra emozioni, ragione e capacità decisionale, in cui le prime sarebbero sempre in grado di sviare e superare le altre. Infine, il filosofo utilitarista John Stuart Mill propone una chiara visone dell’antica questione che associa l’ignoranza alla felicità, rispondendo in modo secco, ma che non lascia spazio agli equivoci: “Meglio un Socrate insoddisfatto, che un maiale soddisfatto”.
Giovanna Buzzo e Chiara Cozzarini
Liceo Grigoletti, Pordenone
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