Nella mattinata di domenica 21 maggio, al Salone del Libro di Torino, nello spazio internazionale Babel, dedicato a tutte le opere estere, c’è stato un colloquio tra Vogelmann Shulim, editore de La Giuntina e la sua traduttrice Loewenthal Elena riguardo le sorprese e i segreti della letteratura israeliana. Esordisce l’editore narrando del suo percorso più personale in questo campo: figlio di editore, studia all’università di Gerusalemme e dopo aver letto il primo libro in lingua, “L’angoscia del re Salomone”, se ne innamora. Rivolgendosi alla collega, vuole sapere da lei quando e come ci sia stato il colpo di fulmine per quel genere di opere. Questa prontamente dichiara che il suo amore per tale cultura dura da sempre ed è per lei vitale. Ha esordito studiando testi sacri grazie ai quali si è accorta che ci fosse un modo “oltre il confine” da scoprire. La peculiarità della lingua, ci dice, sta nella scrittura da destra verso sinistra, di modo che chi scrive abbia di fronte la pagina bianca che rappresenta il futuro. Hanno menzionato entrambi i libri che prediligono come “1948” di Yoram Kaniuk e “Il quartetto Rosendorf” di Nathan Shaham. Secondo entrambi, i testi di questo tipo, appassionano un gran numero di persone perché gli autori classici sono tutt’oggi presenti, a differenza di molti tra quelli europei ed inoltre stabiliscono tra loro un’assoluta continuità ma al contempo sorprendono sempre e non sono mai scontati. Il lettore si trova immerso in una letteratura esotica che è un’alchimia di storie, etnie, costumi, cibi e atmosfere, un miscuglio emotivo nel quale alla fine chiunque si ritrova. Insomma, il grande segreto è questo: ti fa sentire a casa e allo stesso tempo riesce a spiazzarti. È stato un incontro scorrevole che ha suscitato lo stupore e l’entusiasmo dei presenti.
Elisa Ferro e Cristina Marostica
Liceo classico Vittorio Alfieri
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