Primavera Araba” è un’espressione di origine giornalistica utilizzata perlopiù dai media occidentali per indicare quel periodo di proteste e ribellioni arabe sorte per contrastare il clima opprimente e dittatoriale, caratterizzato da corruzione politica, assenza di libertà individuali e violazione della maggior parte dei diritti umani. Iniziata nel 2010 in Tunisia, si è poi diffusa a macchia d’olio nel resto del mondo nord-africano, portando i Paesi arabi ad una progressiva transizione politica e al raggiungimento della democrazia. Per la prima volta si assiste ad un dibattito pubblico reale, alla possibilità di fare politica in modo significativo e ad una maggiore libertà di espressione: vengono meno, quindi, quei vincoli che per cinquant’anni avevano congelato il dibattito pubblico.

Ma oggi che fine ha fatto la Primavera Araba? Nonostante la diffusa gioia e la speranza che questo cambiamento vincente ed epocale ha infuso nei cuori dei cittadini, sebbene questa rivoluzione in alcune zone, come l’Egitto, abbia portato anche ad un’inusuale collaborazione tra arabi e cristiani in cerca di una cittadinanza egualitaria, assistiamo a continue e tragiche morti e i risultati, in realtà, sono pochi. La causa va probabilmente ricercata nei Paesi occidentali, che si sono accontentati di una democrazia che è pura e semplice facciata, perchè dietro al desiderio di una cultura unitaria, c’è la necessità da parte dei Paesi arabi di rafforzare la propria identità. Oltre che utilizzare il loro petrolio, noi, Occidente, non abbiamo cercato né dialogo nè dibattito e non ci siamo preoccupati di programmare con loro la trasformazione del mondo. Il cambio di regime non poteva vivere isolato, rimanere una questione di politica interna. Aveva bisogno di essere condiviso: senza condivisione, non c’è democrazia.

Caterina Marzocchi, Irene Cavallari, Margherita Mastellari, Sara Hamado

Liceo Ariosto