La fretta: quella eccitantissima perversione di vita: la necessità di compiere qualcosa in un tempo minore di quanto in realtà ne occorrerebbe.
Ernest Hemingway.
“Buon giorno”, disse il piccolo principe.
“Buon giorno”, disse il controllore.
“Che cosa fai qui?” domandò il piccolo principe.
“Smisto i viaggiatori a mazzi di mille”, disse il controllore. “Spedisco i treni che li trasportano, a volte a destra, a volte a sinistra”.
E un rapido illuminato, rombando come il tuono, fece tremare la cabina del controllore.
“Hanno tutti fretta”, disse il piccolo principe.
“Che cosa cercano”
“Lo stesso macchinista lo ignora”, disse il controllore.
Antoine De Saint-Exupéry, Il piccolo principe.
La rete (e quindi internet) è al centro di numerose discussioni, in particolar modo nelle sue diramazioni quali i social network.
Chi nasce a cavallo fra gli anni ’90 e il 2000, di internet riconosce la grande potenza divulgativa, ma non è in grado di cogliere a pieno quanto questo strumento sia stato rivoluzionario per chi con la rete non c’è nato. Se si pensa ad oggetti come la televisione, la radio, od anche il telegrafo, la prima diavoleria che permise di far viaggiare le parole velocissimamente, già considerati rivoluzionari per il mondo della comunicazione, internet cos’è? Nato per trasferire in modo rapido informazioni militari, esso è diventato molto di più. Ormai si sono superate le obiezioni conservatrici di chi, all’alba degli anni ’90, vedeva la rete come una forma dannosa di progresso; tuttavia, pur avendo riconosciuto le illimitate potenzialità di internet, il dibattito non si è arrestato, ma semplicemente hanno cambiato rotta. In una società dominata dalla fretta di vivere, la rete, Intenet, il digitale sono divenuti strumenti a dir poco essenziali alle persone. In pochi istanti si possono reperire le più svariate informazioni, guardare video, ascoltare musica, leggere libri parzialmente o per intero senza dover andare in biblioteca o in libreria, vedere immagini, scambiare pareri, giocare, chattare, studiare, discutere eccetera eccetera; l’elenco potrebbe essere molto lungo. Proprio per le potenzialità della rete, frequenti critiche e numerosi dubbi sono stati sollevati sul fenomeno dei social network. Fondamentalmente l’utilizzo di internet può sfuggire dal controllo di genitori o altri, e in particolar modo si è visto come l’accanimento nell’utilizzo della rete, crei dipendenza. In sostanza, gli individui vittime di questa forma di alienazione telematica tendono a confondere i due piani: quello della vita reale e quello della vita virtuale. E allora entrano in gioco i sociologi, gli psicologi, e teorici di qua e teorici di là, e si fanno congetture e si dibatte su cosa è giusto o sbagliato, su cosa è bene o male, come se si potesse ridurre la vita e la realtà ad una semplice polarizzazione dei fatti. Il nocciolo della questione sta, in fondo, in una necessità di autocontrollo e di consapevolezza degli individui. È pressoché inutile studiare questi fenomeni sociali solo ed esclusivamente come prodotto di realtà deviate: sarebbe un po’ (in termini molto semplicistici, ma per fare un esempio che renda l’idea) come ridursi alla politica del proibizionismo attuata fra gli anni ’20 e ’30 negli Stati Uniti, che produsse il risultato del contrabbando. Cadere nei luoghi comuni porta ad affermare che la rete e i social network sono dannosi, dimenticando di affrontare un tema cruciale sulla rete, troppe volte ignorato ma che in realtà costituisce il centro della questione: l’anonimato.
Arturo Filastò, programmatore informatico che partecipa al progetto Tor per l’Italia, afferma: «Non è bloccando la produzione di coltelli che fermeremo gli omicidi nel mondo; così per la tecnologia: limitandone le possibilità, ridurremo solo lo sviluppo della società civile». Il progetto “Tor Project”, ossia un software che permette la navigazione anonima su Internet è la principale attività di Jacob Appelbaum, l’hacker più famoso d’America, «Con 500 mila utenti al giorno — spiega — Tor è diventato un’alternativa alla Rete sorvegliata da governi e dai colossi del web a caccia di dati personali da rivendere alle aziende». Appelbaum è convinto che l’anonimato sia l’unico mezzo a disposizione dei cittadini per difendersi «dagli abusi di potere di governi e aziende» e aggiunge «il mio obiettivo è di garantire a tutti gli utenti, la libertà di espressione online, realizzare l’idea di democrazia alla base di Internet». Sostiene inoltre che non è interessato agli effetti negativi che l’anonimato nella rete può produrre, perché «l’anonimato è indispensabile per garantire alle persone la possibilità di comunicare liberamente senza paura di ritorsioni» e precisa «Noi lavoriamo per gli utenti onesti, per garantire la loro libertà di espressione».
Disquisire sul fenomeno degli hacker del progetto Tor o sul controllo dell’informazione rimane di interesse relativo. Si vuole invece porre l’attenzione sul vero senso di internet. Andando sino all’etimologia della parola, il termine significa “reti Interconnesse”. È proprio la parola “interconnesse” che deve far riflettere; infatti la rete con la politica dell’anonimato garantisce sì numerose tutele, ma allo stesso tempo fa perdere di vista il senso della libera condivisione, del libero scambio di opinioni e dati. Sono delle macchine ad interagire, o delle persone con nomi e cognomi e quindi con delle identità? Se si perde anche questo valore umano nell’uso della rete, allora è bene riflettere sul fatto che (probabilmente) il problema va ricercato nella società. Una società che si nasconde, per la quale gli antagonisti sono ora l’uso della telematica, ora i social network, ora le dipendenze informatiche, ora la complessità di questo e di quell’altro, senza comprendere che dietro tutto ciò, ci sono delle persone, in realtà ha paura di confrontarsi con il prossimo. Il principio del libero sapere, della libera ed aperta condivisione può risiedere sia nell’anonimato che nel “nominato”, il fulcro della questione rimane l’auto regolamentazione della società, che solo in questo modo può rendere concreti i principi su cui la rete si basa. Solo collocandosi in quest’ottica si risolvono le lunghe disquisizioni su i pro e i contro sulla rete.
Eller Conti & Claudia Formigoni
Liceo Classico “L. Ariosto”
Galeotto fu il libro
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