La storia di un’amicizia quasi impossibile: così Elena Varvello, moderatrice dell’incontro all’Arena Piemonte, inizia a descrivere il romanzo della scrittrice sudafricana Yewande Omotoso intitolato La signora della porta accanto.
Protagoniste del racconto sono Hortensia, una designer originaria di Barbados, e Marion, un architetto di origine lituana. Le due donne abitano una di fronte all’altra in un quartiere residenziale di Città del Capo ma nonostante ciò si detestano. Marion infatti è definita “essenzialmente ed educatamente razzista” in un contesto sociale pregno di odio razziale come quello dell’apartheid.
Il libro, che sullo sfondo storico narra dell’amicizia tra le due donne, è un inesauribile racconto non solo sul razzismo ma anche sull’invecchiare, scritto nella forma del romanzo. Yewande sottolinea l’importanza di questa scelta a discapito – ad esempio – di un’autobiografia o di un saggio, spiegando innanzitutto che alcune storie arrivano così, chiedono cioè di essere raccontate in questa forma. Il romanzo, infatti, rende possibile un incredibile livello di intimità e connessione con la storia, e costringe il lettore a immaginare, proprio perché non è tutto interamente vero.
La scrittrice ha proseguito mettendo in luce l’importanza dei dettagli, così piccoli ma allo stesso tempo così grandi da costruire la vita. Quante volte, in fondo, nel nostro quotidiano, capita di ricordare un semplice gesto, un’espressione o un difetto, quindi un semplice dettaglio, invece di ricordare il nome di una persona appena incontrata?
Un altro tema fondamentale trattato nel romanzo è quello del disagio causato dall’insoddisfazione: nonostante Marion appartenga a un ceto sociale più elevato, desidera vivere nella casa di Hortensia, progettata proprio da lei. “È come avere una scarpa bellissima e costosa ma della misura sbagliata” dice Yewande, che prosegue spiegando che la pressione è utile così come il disagio per spingerci verso un cambiamento positivo. In quest’ottica Marion e Hortensia sono proprio come due facce della stessa medaglia: da una parte opposte, dall’altra essenziali l’una per l’altra.
Ines Rrokaj, Liceo Grigoletti
Alessandra Saponara
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