Nel 2016 in Italia l’informazione è effettivamente libera? Non esattamente. Dopotutto, il bel paese è slittato al settantasettesimo posto della classifica- riguardante appunto tale argomento -stilata all’inizio di quest’anno.
L’incontro tenutosi oggi alle ore 16 in sala 500 ha costituito un riscontro effettivo di questi dati all’apparenza incredibili: Gianluigi Nuzzi, grazie anche agli interventi di Peter Gomez, Geppi Cucciari e Nadia Toffa, ha dipinto un preoccupante ritratto della situazione attuale del giornalismo d’inchiesta.
Nuzzi è stato mandato a processo dallo Stato del Vaticano nel 2015: la causa? La pubblicazione del suo libro “Via Crucis”. In esso il giornalista divulga scandali e ricchezze non dichiarate della Santa Sede, e quest’ultima non ha chiaramente gradito.
Dopo il preambolo iniziale, in cui ha approfondito i vari eventi antecedenti all’azione giudiziaria, ha cominciato a illustrare gli aspetti più tecnici del processo, sconcertanti quanto la sua imputazione: esso si sta svolgendo in virtù di leggi varate negli ultimi anni dell’ottocento, e la norma che lo ha portato in tribunale, approvata nel 2013 dopo il primo scandalo di Vatileaks, può causargli una condanna fino a otto anni. Indubbio l’attacco liberticida.
Ha poi dato la parola a Nadia Toffa, reporter delle Iene, che ha raccontato delle continue pressioni e minacce che è costretta a subire quando si occupa di inchieste particolarmente scomode. La querela, spiega infatti, è all’ordine del giorno nel suo mestiere. Anche in presenza di prove valide e inconfutabili.
Indubbiamente questa conferenza ha portato alla luce molti aspetti critici della situazione odierna riguardo alla libertà di divulgazione. Qual è la causa di queste azioni, strano dirlo nel ventunesimo secolo, repressive? Forse, come ha espresso Peter Gomez nell’intervento che ha concluso l’incontro, “l’informazione libera non piace a nessuno perché permette alle persone di ragionare”.
Irene Cancellara- Liceo Vittorio Alfieri
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