Piena di niente. Paura. Impotenza. Niente.
Piena di una vita, dentro di sé, che non si vuole. Di una vita distante. Estranea. Sconosciuta.
Piena di niente. Vuota. Bloccata. Sola.
La donna ha l’istinto di scappare, quando si sente in pericolo.
La donna è spesso in pericolo.

Il problema non è morire, ma nascere.
Le prime parole, scritte sulla prima pagina del primo libro che ha il coraggio di parlarne.
Una citazione di Emil Cioran, che Alessia di Giovanni e Darkam scelgono con una grande cognizione di causa.
La vita è una scelta. La morte un obbligo.

Con “Piena di Niente” si intraprende uno dei percorsi più intelligenti fatti negli ultimi anni, trattando un tema fondamentale che viene tutt’ora tenuto al buio di una stanza d’ufficio.
Come se la vita avesse a che fare con le procedure burocratiche.
Divoriamo il libro illustrato di Alessia e Darkam in pochissimo tempo, emozionandoci con quella grafica violenta e disturbante che rende queste quattro storie vere ancora più indigeste.
E’ un’aperta provocazione da parte delle autrici: raccontare quattro storie di aborti terribili, che ci fanno spalancare gli occhi, increduli, per far levare un grido di speranza.
Un grido che dice che le donne hanno diritto di avere un aborto felice. Senza convivere per sempre con la crudeltà alla quale sono sottoposte dagli obiettori di coscienza, in Italia. Senza convivere con le difficoltà insormontabili che ci si ritrova ad affrontare intraprendendo una scelta poco comune.
In Italia è difficile ottenere il diritto di aborto ma, se in Piemonte ci si può ancora riuscire, al sud diventa pressoché impossibile.
Ci sono anche degli spifferi, però, in questa fortezza apparentemente insormontabile: grazie alla strenua battaglia svolta da persone coraggiose e perseveranti, finalmente, in Italia si può acquistare la pillola dei cinque giorni dopo senza prescrizione medica e senza aver eseguito precedentemente il test di gravidanza, almeno per quel che concerne le donne maggiorenni.

C’è uno scambio di punti di vista, durante la conferenza.
Il problema per noi ragazze che non abbiamo ancora diciotto anni appare, però insormontabile per davvero: non solo ci ritroviamo a rincorrere consultori e sfuggire ad obiettori di coscienza, ma nonostante tutto quello che possiamo riuscire a fare, rimaniamo comunque minorenni. Una minorenne non ha diritto di scegliere per se stessa. E questo non è giusto. Ci si ritrova a rincorrere autorizzazioni di giudici tutelari, la maggior parte delle volte, perché non ci si può rivolgere ai propri genitori.
Una battaglia già tanto sofferta per una donna, una guerra contro tutti per ottenere semplicemente un diritto che dovrebbe essere scontato, diventa, per una ragazza, un’esperienza di inesauribile sconforto. E pericolo.
Una ragazza, talmente piena di niente da sentirsi vuota. Sola. Contro al mondo.
Lisa, una delle quattro protagoniste del libro di Alessia e Darkam, vive come tante altre questo incredibile dedalo, girando per i consultori di tutta la Puglia alla disperata ricerca di qualcuno che la aiuti. Ma nessuno lo fa.

“Ma voi giovani conoscete i contraccettivi?”  Sì. Li conosciamo. Il vero problema è accedervi. E’ il solito discorso: addirittura per avere il controllo sul proprio utero, per una minorenne, serve la firma di un genitore.
Per inutili pratiche burocratiche dell’Italia, una ragazza non può accedere alla pillola contraccettiva senza che ne abbia l’autorizzazione da parte del suo tutore.
A diciassette anni possiamo conoscere ogni aspetto della vita sessuale, della contraccezione e di ciò che comportano tutte queste cose, ma non siamo, comunque, reputate abbastanza mature da prenderci la responsabilità di prendere una pillola ogni mattina, quando è proprio questa piccola azione che eviterebbe a migliaia di adolescenti di rincorrere una strada che non dovrebbe essere la loro, quella che va incontro all’aborto.
Ho posto queste problematiche alla conferenza. Mi hanno detto che la prossima battaglia di Se non ora quando? sarà proprio chiedere di consentire l’accesso alla pillola contraccettiva senza essere maggiorenni.
Forse uno spiraglio di luce, da qualche parte, grazie a queste persone meravigliose, allora c’è.

Le quattro storie vere del libro prendono spunto da donne che Alessia ha conosciuto nella sua vita, svolgendo numerose ricerche.
Sono storie di senso di colpa. Di sofferenza. Di paura. Di pressioni esterne riguardo a qualcosa che non potrebbe essere più interno. Intimo.
Monica è la prima con cui si confronta. Racconta la sua tragica esperienza. L’esperienza di una donna che, tanto è desiderosa di affetto, si ritrova disposta anche a farsi mettere incinta.
Ha 25 anni, vive a Roma. Rincorre mille pratiche. Mille appuntamenti. Mille delusioni. Quello che sarebbe stato il suo bambino, diventa un fagotto.
La sua borsa diventa un utero. Il suo utero, una borsa. Piena di tutte le cose che le donne ci tengono dentro, come sigarette, accendino, trucchi, cellulare.

Loveth è una donna nigeriana, costretta a prostituirsi dalla madre per aiutare i fratelli. Lei sa cosa significhi sentirsi una figlia indesiderata e proprio per questo vorrebbe essere mamma.
La opera proprio la Madam, con il metodo con cui si facevano gli aborti quando erano illegali. Ma esiste ancora. Ed è terribile.
Meglio piena di niente…che sola. 

Giulia ha trentatré anni, vive a Torino e fa l’infermiera. Ha già due figli, un marito cattolico, e mille obiettori di coscienza attorno.
Mi perdoni perché non mi sento in colpa di decidere della mia vita. 

La vita è una scelta.
Una donna sogna con tutta sé stessa il momento in cui abbraccerà suo figlio.
Un’altra donna rimane sveglia alla notte convivendo con l’idea che la sua vita sarà per sempre legata con quella di qualcun altro.
L’aborto deve essere preservato. Le donne che abortiscono, devono essere preservate.
Non è giusto convivere con la pressione disarmante che ci viene messa addosso quando ci ritroviamo davanti ad una scelta del genere.
Si tratta del nostro futuro, del nostro presente. A 17 anni come a 40.

Si tratta del mio futuro, del mio presente. Non voglio sia una continua lotta.
Ringrazio immensamente queste donne, Alessia Di Giovanni e Darkam, per il loro coraggio e la loro perseveranza.
E penso che dovremmo farlo tutte. Tutti.

Francesca Romualdi
Redazione Alfieri