“Spillover” e “L’albero intricato” di David Quammen sono fra i libri più attuali del momento, pur essendo stati scritti rispettivamente nel 2012 e nel 2018. Da molti , l’autore è stato definito come “il profeta del coronavirus”, ma egli stesso si è giustificato spiegando che tutto ciò che ha fatto è stato ascoltare gli scienziati. Il suo libro è stato scritto proprio per diffondere la conoscenza e rendere più consapevoli anche noi. Quammen, durante la conferenza, spiega che viviamo in un mondo colonizzato dai virus, che abitano gli organismi più complessi. La maggior parte delle volta la transazione dei virus che ci infettano avviene da animale a uomo: anche se spesso ce ne dimentichiamo, anche noi siamo animali e facciamo parte della natura, e questi piccoli organismi ce lo ricordano. Quando avviene il salto di specie (“Spillover”, appunto), gli scienziati si pongono due domande iniziali: da quale animale proviene questo virus e come l’uomo vi è stato contagiato. Se la prima risposta cambia, la seconda resta quasi sempre immutata: l’uomo interferisce con la natura, disturbando gli animali nel loro ambiente naturale con la caccia, la deforestazione e altre pratiche per procurarsi maggiori risorse. “Il coronavirus” ribadisce Quammen “Era già stato predetto una decina di anni fa, ma i politici hanno deciso di non prendere provvedimenti e ignorare i segnali d’allarme lanciati dalla comunità scientifica perché la prevenzione di una pandemia comporta costi ingenti. Come ci siamo resi conto, però, il prezzo da pagare, non solo in denaro ma anche in vite umane, libertà e contatti sociali, è stato infinitamente più alto” . Nonostante tutto, la terribile esperienza che stiamo vivendo potrebbe perlomeno esserci di insegnamento per non farci trovare impreparati in una futura e concretamente possibile situazione simile. Ne “L’albero intricato” le scoperte di Carl Woese (1928-2012) sono le protagoniste. Il microbiologo statunitense, infatti, si è rivelato un eccellente pensatore, e in pochi anni riuscì a scoprire un nuovo regno: gli archea. Questi erano sempre stati classificati come batteri a causa del loro aspetto simile a questi ultimi, tuttavia il loro genoma è molto diverso. Woese li individuò studiando l’RNA ribosomiale, comune a tutte le specie in vita e inventando un modo per frequenziare il genoma, nonostante i suoi metodi prevedessero l’uso di sostanze tossiche, esplosive e radioattive, fossero quindi molto pericolosi. Grazie al confronto dei genomi di diverse specie, riuscì a svelare la vera identità di queste creature, che, a livello genetico, sono molto più simili a noi rispetto ai batteri. Scoprì inoltre un diverso modo per trasmettere informazioni genetiche: il trasferimento orizzontale, cioè lo scambio di geni da specie a specie, o da regno a regno. Questo accade a causa di infezioni virali e batteriche, che lasciano parte dei loro geni nelle nostre cellule, ed è perciò anche detta eredità infettiva. Non è quindi una sorpresa sapere che almeno l’8% del nostro patrimonio deriva dai virus e che parte delle cellule era originariamente batterica. Infatti cloroplasti e mitocondri erano batteri che si sono adattati alla vita della cellula tramite un processo detto di “endosimbiosi”. Quammen conclude la conferenza ribadendo che, pur essendo un divulgatore scientifico, la sua formazione è letteraria e il suo cuore è il cuore della letteratura. Eva Laura Giacomello, Giulia Zanetti, Liceo Grigoletti, Pordenone