La storia del Cile del secolo scorso è indelebilmente segnata dalla dittatura militare del generale Augusto Pinochet, che ha portato anni di persecuzioni, di soppressione di libertà, di pensiero, di parola, di giudizio. Un regime totalitario che prevaricò qualsiasi individuo che volesse alzare la testa. In un clima politico così violento, noi adolescenti ci chiediamo: e la poesia? Che fine ha fatto? La risposta ci arriva direttamente dall’ “antipoeta” Nicanor Parra e dalle note della sorella Violeta; dalle parole di Gonzalo Rojas e ultimo, ma non per ultimo, dai versi immortali del premio Nobel Pablo Neruda. Questi poeti, durante e anche dopo la loro vita, ci hanno insegnato non solo la bellezza e l’armonia, ma anche, e soprattutto, la forza e il coraggio della parola, la capacità di librarsi oltre gli ideali politici di uno Stato. «Guardatevi in giro, c’è una sola forma di pericolo per voi qui: la poesia». È questo ciò che Neruda avrebbe detto ai militari sotto la dittatura di Pinochet: l’arma più pericolosa è, allo stesso tempo, “la più discreta delle arti”, per citare Montale. La lotta di queste personalità di fronte agli obblighi e alle costrizioni, ci testimonia l’immensa forza espressiva della parola poetica, capace di emozionare ma, allo stesso tempo, anche di spaventare. Quest’anno al Salone del Libro avremo la fortuna di conoscere alcuni poeti dal Cile, tra cui Alejandro Zambra, Lina Meruane, Roberto Ampuero, lo stesso Nicanor Parra e molti altri. È un’opportunità per aprire i nostri orizzonti letterari e, soprattutto, ricordarci che, la poesia è l’arma più dolce, ma anche più efficace di tutte.
Margherita Mastellari, Liceo Ariosto, Ferrara
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