1948, un anno importante per tutto il Medio Oriente e per tutta la regione araba: l’anno della creazione dello Stato di Israele e della nakba, l’esodo palestinese. Oggi, durante l’incontro Ferite. Sulla terra e sulle vite dopo il 1948 – l’ultimo della sezione Anime Arabe, tenutosi nello Spazio Internazionale alle 15:30 – non si è voluto soltanto commemorare questo anniversario, ma prenderlo come punto di partenza. Cosa è successo dopo a quella terra, ma soprattutto agli esseri umani che la vivono?

A parlarne sono state due curatrici d’arte di caratura internazionale, una israeliana e una palestinese, Galit Eilat e Reem Fadda. “Questo è il tempo degli artisti, perché possono darci nuove chiavi di lettura”, afferma Paola Caridi, presentandole. “L’arte mostra la realtà, la spiega e la interpreta, crea la conoscenza” continua infatti Reem. L’arte permette inoltre di superare le differenze ed i muri, proprio come è successo nel loro caso: la loro collaborazione non è stata solo artistica e lavorativa, ma è diventata una grande amicizia. “Non era importante dove saremmo arrivate, ma il processo che ci avrebbe condotto alla meta, poiché già il fatto stesso che una israeliana e una palestinese lavorassero insieme, o banalmente parlassero, non era nemmeno pensabile.”

Le artiste ci hanno mostrano anche una delle loro opere, realizzata 14 anni fa: la proiezione da entrambe le parti del muro di Gerusalemme di cosa accadeva dall’altro lato. Proprio come se fosse al cinema, la gente si portava le sedie e si sedeva a guardare il muro, reso trasparente. “Probabilmente oggi nessuno avrebbe il coraggio di avvicinarsi” commenta amara Galit. In essa questa città infatti le tre grandi religioni del mondo convivono insieme dicendo di essere universali mentre non praticano affatto l’universalità. Gerusalemme è reputata la città globale per eccellenza, ma come può esserlo, sostiene Reem – per la quale globale è sinonimo di aperto e senza porte chiuse – se è piena di muri e checkpoint?

Proprio oggi a Gaza 37 palestinesi sono stati uccisi e 1700 feriti: una giornata dolorosa in sui si affronta una storia dolorosa. Ma come si può gestire questo dolore? Per Galit è fondamentale non voltargli le spalle ma guardarlo in faccia e affrontarlo, anche se la ferita resterà sempre aperta. Per Reem, invece, c’è bisogno di tempo. E di molta più arte.

Gaia Olocco