Silvia Vecchini, autrice del libro Le parole giuste (Giunti), dimostratasi già da subito una scrittrice particolare e meno formale di altri, si siede a terra e lascia che i ragazzi la circondino curiosi, per poi cominciare a raccontare. La protagonista del suo libro, Emma, nella realtà si chiama Benedetta e la scrittrice la conosce molto bene. Il rendimento scolastico di Emma va calando e quella che era la sua migliore amica la evita. La protagonista si accorge di aver bisogno di aiuto, e lo trova nel gruppo di sostegno in cui é stata da poco inserita. L’insegnante di sostegno finalmente dà una risposta a molti quesiti nella testa di Emma facendole capire che è dislessica. “Non sei affatto stupida” dice l’insegnante, contrariamente a quanto lei credeva.“Leggere è un po’ come andare in bicicletta – racconta Silvia – ma per Emma non era lo stesso, essendo dislessica, per lei ogni volta era come scalare una montagna”.

Emma sta vivendo in casa una situazione molto difficile: il padre necessita di un trapianto ai reni e la madre é nervosa e preoccupata; per questo la ragazzina preferisce non svelare ai genitori la sua dislessia. Insomma, nessuno trova le parole giuste per comunicare le proprie sofferenze.

“Una persona malata che riceve un trapianto può finalmente ritrovare la voglia di vivere” dice Silvia parlando del padre di Emma. Finalmente, quando il giorno del trapianto sembra non arrivare più, si trova un donatore sano: la madre. Si allunga allora la lista di ciò che Emma non sa: i genitori infatti non la ritengono abbastanza grande per ricevere una tale notizia. La ragazza però lo scopre da sé, trovando un documento nella stanza del padre che riportava appunto il nome del donatore. Emma si sente esclusa ma, soprattutto, preoccupata per la salute dei suoi genitori. L’operazione va a buon fine ed Emma riesce anche a partecipare alla festa di carnevale.

La scrittrice, con questo libro, vuole dire ai ragazzi di non abbattersi davanti alle difficoltà: “Ognuno ha il suo percorso, la sua strada. È bene essere fiduciosi. Sarebbe bello che ce ne ricordassimo.” 

Rebecca Barberis e Giulia Lubatti, I.C. Peyron