Ore 20:45, Pordenone, Cinemazero. Come saluto all’autore viene proiettato il film “L’Attentat” del regista Ziad Doueiri, tratto dall’omonimo libro di Yasmina Khadra.

Il film in sé è degno di nota, come anche Khadra precisa, aggiungendo però di non averlo apprezzato: pur tenendo conto dei limiti di tempo e budget, nonché di problemi di censura da parte di varie case cinematografiche, non lo ritiene completamente coerente. In ogni caso invita gli spettatori a godersi lo spettacolo.  

In effetti durante la visione si nota che il film manca  di alcune parti o episodi che nel libro vengono invece trattati con particolare attenzione. Del resto pochi film riescono a riportare sul grande schermo quello che l’autore vuole trasmettere attraverso le parole.

A differenza del romanzo, nel film il protagonista (il dottor Amin) risulta meno tormentato: nel libro prevalgono l’angoscia e la continua ricerca del perché, che lo perseguitano. Amin non sa capacitarsi di cosa possa aver spinto l’amata moglie a compiere l’attentato suicida ed è continuamente assillato dalla ricerca di qualche particolare che non è stato in grado di cogliere.

La violenza, poi, che nel racconto è descritta in molteplici parti e con grande realismo, all’interno del film risulta accantonata o comunque presentata in maniera meno efficace.

Lo stesso accade quando si parla della guerra e dei conflitti tra Palestina ed Israele. Nel film la divisione tra i due Paesi appare poco evidente, si nota solo per un momento il filo spinato del muro e un riferimento a questo in un dialogo.

Ma la parte che proprio viene tralasciata è il finale del libro, relativo all’attentato provocato dalla nipote del protagonista e alla morte di quest’ultimo.

Si può dire quindi che il film risulta poco esaustivo e poco incisivo agli occhi di chi non ha letto l’opera.

Il romanzo “L’Attentat” salvò Khadra dalla tentazione di abbandonare per sempre la letteratura, come confessa nell’incontro del 6 marzo. Voleva essere un romanzo d’addio.

Il messaggio principale che l’autore vuole lasciare al lettore è soprattutto quello dell’importanza della vita. Alla vita che spesso diamo per scontata, mentre basta un minimo rumore per stravolgerne l’ordine. Com’è accaduto ad Amin, che aveva una bellissima vita: un lavoro che gli dava soddisfazione, era amato ed amava ed aveva il rispetto di tutti. Inaspettatamente perde tutto,  anche se stesso. Uno smarrimento non pienamente rappresentato nel film,  che però comunque insegna  come la vita sia preziosa ed imprevedibile, specialmente per coloro che affrontano la fragile e tragica situazione dell’Oriente.

Nonostante le descrizioni di guerra e la inumanità degli attentati del romanzo (che il film rende bene, ma non con la stessa incisività), lo scrittore riesce comunque a trasmettere un senso di speranza, di ottimismo e di fiducia nell’uomo. Ruolo centrale hanno i  sogni, unica salvezza per quelle persone che nella disperazione non sanno più a cosa aggrapparsi. Per loro la vita e la morte diventano la stessa cosa. Cominciano a pensare che l’unico fine dell’esistenza sia morire per una causa superiore.

Il libro si chiude infatti con una bellissima riflessione sui sogni: anche se ci viene tolto tutto, ogni gioia, ogni merito, loro ci resteranno sempre, per ricostruire il mondo che ci hanno negato. Ed è proprio qui che la rappresentazione del film manca l’obiettivo.

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Marco Tallon, Gabriela Bolboceanu, Nicole Botter, Pietro Caroncini, Alice Pittau (IV H Liceo Grigoletti, Pordenone)