Forse l’unica cosa da fare durante la giornata della Memoria è fermarsi un momento, staccare per poco dalla vita e pensare. Lo si può fare in vari modi, ma immergersi in una pagina di libro, impregnata di ricordi e di umanità, non ha eguali. Non è sicuro che Primo Levi approverebbe, eppure Art Spiegelman ha provato a raccontare l’Olocausto con l’ausilio di “balloons” e immagini nel suo Maus che ogni anno in questo periodo torna al centro dell’attenzione. Quella di accostare un evento tanto tragico ad un mezzo, legato solitamente alla banda Disney o comunque a fantascienza e allegria, non può che essere stata una scelta coraggiosa: Spiegelman stesso afferma di aver nutrito non pochi timori circa l’essere mal compreso proprio da quegli Ebrei che avrebbero potuto sentirsi ridicolizzati dalla sua opera. Un’altra insolita caratteristica è infatti la trasposizione in forma animale dei protagonisti: e così si ha a che fare con topi nella trappola dei gatti tedeschi, ma chiaramente il tutto non fa che elevare il tono e rendere ancora più suggestivo il racconto. Art non si documenta in biblioteca, ciò che narra consiste nella esperienza del padre ebreo e nelle pagine di Maus non può che comparire anche il “ dopo”, fattore spesso trascurato, con il problematico rapporto genitore/figlio espresso con l’ossessione paterna di raccogliere e conservare qualsiasi cosa, che fa capire quanto lo shock degli eventi sia passato alla generazione successiva, con danni altrettanto gravi. Il tutto reso con un’immagine, pesante e statica, che non ammette fraintendimenti: leggere Maus è un’esperienza forte, perchè oltre la poesia e la retorica c’è la cruda realtà.

Ferrero Loris III B

Liceo Alfieri