Perché veniamo più coinvolti emotivamente nelle vicende di personaggi fittizi della letteratura che da storie realmente accadute? È questa la domanda a cui cerca di rispondere nella sua Lectio magistralis il pluripremiato saggista, autore e professore universitario Umberto Eco. Al momento del suo ingresso sul palco del teatro Verdi, un applauso vero, quasi istintivo, si diffonde tra il pubblico estasiato nella platea.
Il grande maestro di competenze, conoscenze e, allo stesso tempo, di libertà di pensiero, così come viene definito dal direttore della banca Friuladria, Carlo Crosara si emoziona nel ricevere il “Tallero d’oro”, premio simbolo, offerto dalla stessa banca, per l’evento “La storia in un romanzo 2014”.
Rimasto solo sul palco, Eco, con calma, si siede, saluta il pubblico e comincia la sua lezione.
Aristotele distingue l’arte del poeta, intesa come arte della finzione, da quella dello storico, definendo la prima nobile, filosofica ed universale, e la seconda rivolta al particolare. Parlando in termini più attuali, la poesia potrebbe essere identificata con la nostra fiction e la storia con la cronaca giornalistica. Allo stesso modo, però, il romanzo è sempre dipendente dalla realtà storica in cui è ambientato e dalla quale trae spunto.
Pertanto il mondo della letteratura può essere considerato parassitario del nostro, in quanto sottrae ad esso personaggi e luoghi per sostenere il proprio universo fittizio, arricchendolo. Come ci dice Dumas, è privilegio dei romanzieri uccidere i personaggi storici. Infatti gli assassini del reale ci emozionano di più pur sapendo che i loro paladini non sono mai esistiti. Il lettore però può coglierne tutti gli aspetti in quanto delimitati e definiti dalla fantasia dell’autore. Allo stesso tempo questa assoluta determinazione dell’universo generato da un romanzo, il quale non può essere soggetto a critiche o a revisioni, come avviene invece nel mondo scientifico che descrive il reale, dà al lettore un senso di sicurezza che solo lì può ritrovare. Giungiamo quindi a rispondere alla domanda iniziale: l’uomo, come essere soggetto all’errore e circondato da un mondo insicuro e in continua evoluzione, trova nel personaggio fittizio un modello incorreggibile ed eterno e, pertanto, sicuro.
Sara Gurizzan, Lorenzo Modena, Francesca Romano
Liceo Michelangelo Grigoletti Pordenone – Liceo Vittorio Alfieri Torino
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