La legge, se applicata bene, è lo strumento fondamentale per garantire l’ordine sociale. Ma nel corso della storia è stata messa anche al servizio del capitale per creare ricchezza e disuguaglianza.
Katharina Pistor, docente di legge della Columbia Law School, intervistata da Alessandro Lubello, giornalista di Internazionale, apre il suo discorso ricordando l’importanza delle leggi nella società sia in campo economico sia in quello tecnologico, facendo riferimento al suo saggio Il codice del capitale, che uscirà in Italia nel marzo prossimo per la LUISS University.
In economia niente può avvenire senza accordi: essi costituiscono l’impero delle leggi, che stabiliscono le regole fondamentali del mercato e necessitano della presenza di uno Stato centrale forte. Ma se ogni società stabilisce delle regole, esse diventano talvolta oggetto di manipolazioni delle azioni economiche, che agiscono per consolidare la loro ricchezza.
Il capitalismo contemporaneo potrebbe essere paragonato al Leviatano di Thomas Hobbes, leggendario mostro acquatico di cui si parla nell’Antico Testamento, che era allo stesso tempo sia benevolo sia maligno e l’economia crea un impero legislativo che influenza le persone e le loro azioni.
Dunque il capitalismo contemporaneo diventa un sistema paragonabile al feudalesimo, in cui le grandi multinazionali creano delle strutture complesse per frammentare e distribuire il rischio o la probabilità di grandi perdite di profitto.
Le multinazionali non hanno confini geografici e perciò scelgono per la loro attività paesi favorevoli governati da un regime fiscale più blando rispetto al loro paese di origine. Di conseguenza le leggi, che dovrebbero essere imparziali, vanno a ledere alcuni investitori, portando svantaggio e diseguaglianza in campo economico.
Essendoci diverse leggi fiscali in ogni paese, sono stati istituiti i collegi arbitrali per un giudizio equanime tra Stati su questioni di carattere commerciale.
Questi arbitri guardano gli aspetti legali validi universalmente per applicare le adatte giurisdizioni, senza badare alle leggi specifiche di un determinato Paese e permettono i movimenti alle grandi società, sanando in questo modo le controversie tra investitori e Stati.
Così come le leggi economiche pongono dei limiti, escludendo alcune società dall’accesso alla monetizzazione, allo stesso modo la lenta circolazione di informazioni provoca un freno all’innovazione. Nell’era tecnologica in cui viviamo la velocità di circolazione invece è altissima e ciò favorisce un’innovazione veloce.
La Pistor porta l’esempio del capitalismo della sorveglianza operato dalle applicazioni, con le quali si promette agli utenti un servizio apparentemente gratuito che porta però alla liquidazione dei nostri dati personali utilizzati illegittimamente per la loro profilazione ai fini di un un guadagno vantaggioso.
Queste applicazioni lavorando con gli algoritmi, che controllano come “datori di lavoro” ognuno di noi, acquisiscono i nostri dati personali. Un esempio contrastante è quello del car sharing nel quale sono i consumatori ad avere il controllo dell’algoritmo e non il contrario.
Per concludere Katharina Pistor riflette sulla necessità di modificare le regole di questa società manipolatrice, ammettendo che si ha bisogno di continuità e durevolezza delle leggi che tutelano la società dei consumatori, ma anche di grandi cambiamenti, soprattutto sfruttando i momenti di crisi, per andare oltre a quello che già abbiamo e cogliendo l’opportunità di identificare un nuovo percorso pluridimensionale, ambientale, sociale e anche politico davvero nuovo e socialmente giusto.
Chiara Orzelleca, Chiara Massari
Liceo Alfieri, Torino
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