All’origine di quella costruzione chiamata “Europa”,  formatasi alla conclusione della Seconda Guerra Mondiale, quando il contenente distrutto sentiva la necessità di una collaborazione e integrazione tra le popolazioni, troviamo l’obiettivo comune di una crescita economica e di un dialogo politico per una condizione di sicurezza e coesione tra gli Stati Europei.

Questa è per lo meno “l’Europa” per la concezione comune, osservata sotto un aspetto esclusivamente econometria  e politico dietro al quale però si nascondono alcuni valori di base, sopra i quali l’idea di “Unione Europea” si è fondata, come inclusione, tolleranza, libertà, non discriminazione, democrazia. Ma la democrazia, per funzionare, non può essere separata da una condizione culturale, dalla conoscenza, dall’istruzione della “maggioranza”. La libertà del popolo, che sceglie, è il suo lato migliore, ma spesso può diventare anche il suo limite quando le scelte vengono fatte senza capire, senza sapere o ancor peggio nella speranza di indovinare.

Philippe Daverio, presentando il suo ultimo libro “quattro conversazioni sull’Europa” si inserisce così nel dibattito politico attuale con la sua autorevole voce di storico dell’arte e antropologo culturale. Il presupposto è che l’Europa è la nostra casa comune, una condivisa visione del mondo, con uno stesso linguaggio artistico, musicale, architettonico e gastronomico. Partendo dal pensiero di alcuni grandi maestri dell’Ottocento e Novecento, tra cui Victor Hugo, Voltaire e addirittura Carlo Magno, che nella costruzione del suo impero aveva necessariamente dovuto tollerare differenti lingue e etnie, essere in qualche modo assorbente e assolutamente non escludente, immagina un’Unione Europea, “come un impero culturale”, che trova un senso all’interno della condivisione di idee di fondo comune. Queste allora possono essere un punto di partenza, uno stimolo per la società a prendere coscienza e ad aprirsi al concetto di un’Europa costituita da “cives” , per far ripartire l’evoluzione dialettica bloccatasi con la caduta del muro di Berlino, che faceva procedere la storia, e superare la situazione di inerzia che oscilla pericolosamente tra populismo e nazionalismo.

Chiara Sanvincenti, Liceo Alfieri