I seguenti scritti sono stati creati durante uno specifico workshop, dedicato alla letteratura migrante in Italia, tenuto dal professor Giancarlo Sala della Scuola cantonale di Coira con le sue studentesse e i suoi studenti italofoni di 4a, 5a e 6a liceo. L’intenzione del docente è stata quella di avviare e approfondire un dialogo interculturale tra nazioni confinanti, sostanzialmente diverse, ma toccate entrambe da analoghi fenomeni di immigrazione, allo scopo di allargare gli orizzonti in un contesto internazionale e far apprezzare ai discenti lo sforzo di tante immigrate che scrivono in italiano per farsi capire e accettare nell’erto cammino verso l’integrazione.

I contributi sono nati in due momenti distinti: all’inizio del progetto si è cercato nell’ambito delle prime letture di rispondere alla domanda „Quando ti sei sentito straniera/-o?“, mentre nella fase finale si è chiesto ai giovani di esprimere la propria opinione personale acquisita durante gli approfondimenti e l’elaborazione dei materiali didattici in classe, riflettendo primariamente sul valore di tale letteratura ai fini dell’integrazione.

In conclusione al progetto il professor Sala pubblicherà un’antologia contenente i 15 racconti, particolarmente significativi ed emblematici, scelti per il laboratorio, arricchiti ognuno da un apparato didattico di schede culturali e operative, ormai sperimentate, ad uso di altre/-i insegnanti svizzeri e italiani che volessero affrontare l’appagante tematica sui banchi di scuola.

 

Prof. Giancarlo Sala, Coira, Svizzera

Anch’io da un po’ di anni mi trovo a fare i conti con i pregiudizi della gente, per il semplice fatto che sono un italiano immigrato in Svizzera. Prima d’ora, mai mi sono soffermato a pensare come ci si possa sentire ad essere stranieri; perché nella mia patria non ho mai avuto l’occasione di rapportarmi direttamente con un extracomunitario. Chiaramente capitava di vedere persone di nazionalità differenti, ma non ho mai avuto contatti diretti.

Oggi, a esperienza fatta, posso dire che è bruttissimo sentirsi stranieri. Non si è più liberi di essere se stessi, per paura del giudizio altrui; tanto che molti decidono di cambiare completamente il proprio modo di essere, sopprimendo ogni diversità. Ma tutto ciò ha un limite, perché poi ci si ritrova a un punto in cui si è braccati dalla propria identità, dalle proprie radici e l’unica via d’uscita, o meglio evasione momentanea, si esprime attraverso un pianto disperato di sofferenza.

 

ANTONIO R.