Christopher Wylie è l’ex-impiegato di Cambridge Analytica, che ne ha seguito dall’interno la nascita e l’evoluzione, per poi causarne la disfatta.Nel suo libro, “Il mercato del consenso”, l’azienda viene analizzata dagli albori fino ad ora. Appassionatosi fin da piccolo alla tecnologia, vedenodola come via di evasione da una realtà scolastica difficile per il bullismo subito a causa di una disabilità invisibile e del fatto di essersi dichiarato gay. Iniziò la sua carriera grazie uno stage durante la campagna politica di Obama, ottenuto grazie alla conoscenza di due deputati, incontrati durante dei presidi politici nella sua città. Qui capisce come i dati possano avere un ruolo importante nel coinvolgimento delle persone. Poco dopo si trasferisce in Inghilterra, dove inizia a lavorare per la S.C.L., società che collaborava con il ministero della difesa: cercavano di capire come gruppi estremisti riuscissero a diffondere e radicalizzare le loro idee. Gli studi dimostrarono che alcuni soggetti sono più inclini ad essere influenzati, essi sono generalmente giovani uomini non sposati. La società viene successivamente rilevata da Steve Bannon, stratega vicino a Donald Trump, che decise di cambiarne il nome in “Cambridge Analytica”, tuttavia le mansioni degli impiegati cambiarono radicalmente in pochi mesi: le informazioni che venivano precedentemente raccolte per prevenzione, venivano riutilizzate come arma. Venivano cercati soggetti inclini a essere manipolati (in particolare maschi fra i 20 e 25 anni non sposati, quindi più inclini a credere in teorie complottistiche). I profili Facebook di questi venivano analizzati dalla applicazione sviluppata dall’azienda, che scansionava anche quelli di coloro che erano amici virtualmente dell’account iniziale. Come esca veniva usato un test psicologico che prometteva in cambio delle risposte un buono sconto. Così migliaia di individui venivano privati di fonti di notizie affidabili e riuniti in gruppi radicali. Quando le persone si vedevano finalmente dal vivo, quelle che erano parse solo delle chiacchiere virtuali diventavano questioni reali. Questo metodo ha influenzato l’esito delle scorse elezioni presidenziali in America. Tuttavia, proprio quando Cambridge Analytica si trasferì in America, Christopher Wylie cominciò a notare che sempre più personaggi particolari che collaboravano con l’azienda, fra cui funzionari del governo russo e altri individui di spicco che si occupavano della propaganda nell’Est Europa e che mettevano in atto campagne definite dallo stesso Wylie come “molto strane”. Fu in quel momento che capì di non voler più lavorare per Cambridge Analytica. Dopo essersi licenziato, cercò di denunciare ciò che sospettava ma non fu ascoltato. Solo dopo la nomina del presidente Trump, la questione divenne di interesse per le società investigative inglesi e americane. Per fare luce sui fatti cercarono l’aiuto di Facebook, che aveva dato l’autorizzazione alla visualizzazione dei dati, ma rifiutò di collaborare dichiarando di non aver letto i termini e le condizioni del programma. Finché, finalmente, una giornalista del “The Guardian” supportata dal suo editore, scrisse un articolo su quello che sarebbe stato ricordato come lo scandalo di Cambridge Analytica, portando l’attenzione sotto i riflettori mondiali. Nonostante questo fatto ci dimostri che il giornalismo sia ancora molto importante, la disinformazione è una piaga che affligge tutto il mondo ed è in costante crescita. Wylie conclude dicendo: “Siamo nel mezzo di una pandemia e molti americani non credono che il coronavirus esista, questo ci fa capire come la disinformazione sia un problema destinato a non decrescere in fretta”.

Eva Laura Giacomello, Giulia Zanetti, Liceo M. Grigoletti, Pordenone