“Il cambiamento sta avvenendo e non si può che andare avanti”.

Nella Sala Estense Giulia Zoli di Internazionale conduce il discorso tra Christina Knight e Livia Podestà, donne che lavorano nell’ambito della comunicazione e cercano di combatterne gli stereotipi di genere. Al momento entrambe vivono in Svezia, paese autodichiaratosi femminista che per il mondo occidentale dovrebbe essere un modello; infatti dodici dei ventidue ministri sono donne, gli stipendi sono paritari, il congedo è parentale e si combatte la normalizzazione degli stereotipi.

Ogni giorno veniamo bombardati da più di cinquemila messaggi, ma siamo coscienti solo dell’8%. Per esempio lo standard fisico ideale creato dai modelli appartiene al 5% della popolazione, ma riesce a far sentire il restante 95% inferiore e inadeguato. Questo può portare il singolo a disturbi alimentari e depressione, il rapporto tra uomo e donna alla degenerazione in pesanti giudizi e violenza sessuale.

Questo sistema non conviene neppure alle agenzie pubblicitarie, in quanto la maggior parte del pubblico non si sente rappresentata e tende a non acquistarne i prodotti. Per questa ragione grandi marchi come Céline, Nike, H&M e Gillette propongono spot completamente nuovi, in grado di abbattere i classici stereotipi della società. Sono rappresentati giovani, anziani, disabili, donne in carriera, uomini “casalinghi”, omosessuali, transessuali, ogni forma del corpo e colore della pelle. I giovani hanno bisogno di nuovi modelli da seguire, di accettarsi per come si è.

Si prevede che questa presa di coscienza, se estesa a tutto il mondo della comunicazione, porterà grandi vantaggi all’intera società: il PIL salirebbe del 12%, la violenza diminuirebbe esponenzialmente e le relazioni sentimentali sarebbero più stabili.

Sveva Sacchi, Emanuela Strozzi