Il caffè letterario ci ha accolti in un paradiso bianco latte costellato di pubblicità, in un tripudio di persone – una più strana dell’altra, ad essere sincere – a quanto pare molto interessate e visibilmente coinvolte nell’incontro.
Poi è arrivato Enrico Brizzi.

L’autore e il conduttore Fabio Geda hanno intrattenuto la platea con brani tratti dall’ultima opera di Brizzi, “La legge della giungla”, edito da Laterza, frapposti a momenti di “come eravamo”, in cui si è parlato di argomenti che oscillavano tra la Bologna della giovinezza, gli amici scout, gli anni ’80 del terrorismo, la religione, la politica e tutto ciò che balenava nella mente di questi due giovani scrittori.

“Il mio primo matrimonio è stato a quattro anni”, ci dice un piccolo Enrico dall’angolo più nascosto del cortile, in cui si svolgevano le più importanti cerimonie religiose della banda degli indomabili. E poi si parte con le sue avventure, vissute ne “l’età dei pantaloncini corti”, tra una Bologna ancora reduce da un 2 agosto di sangue e la quotidianità di un bambino confuso da idee politiche contrastanti e da una religione che non riesce a capire.

Ma c’è una costante, una certezza: il mondo dello scoutismo, che è ricordato con una nota di nostalgia, anche e soprattutto per quei giochi che visti ora fanno ridere, mentre allora si rivelavano ingannatori.

E così il suo nuovo libro ci fa entrare in un mondo magico ed affascinante, pieno di quella spontaneità tipica dell’infanzia che normalmente gli adolescenti, ancor più degli adulti, tendono a sottovalutare: una giungla, appunto, vista come l’altrove, come ciò che non si conosce e si vuole conoscere con i propri pari.

Tra aneddoti divertenti – tra cui un giovane Brizzi che corre dietro alla bicicletta di Stefano Benni per dirgli che è il migliore autore italiano, sentendosi rispondere “devi avermi scambiato per Aldo Busi” – e riflessioni metafisiche, l’ora in compagnia di Enrico scorre veloce. Forse troppo.

Ilaria Pirchio, Miriam Roberto e Benedetta Saraco
1D, Liceo Alfieri