“Per far leggere l’Italia, ci vorrebbe il Papa”, così esordisce non poi tanto ironicamente Andrea Kerbarer, scrittore ed esperto di comunicazione, e tutta la platea non sa se ridere o piangere. Purtroppo la nostra situazione, anche se tentiamo di negarlo è drammatica : l’Italia , una delle più rinomate culle della cultura occidentale, sta smettendo di leggere
Immaginate di essere su un autobus, colmo e ricolmo di gente come ogni mattina, quando siete già abbastanza nervosi e in ritardo. Vi guardate intorno e a condividere la vostra triste sorte ci sono circa altri 60 concittadini. I sondaggi rivelano che almeno 40 di quelle 60 persone non hanno toccato un libro per un anno intero. Insomma, stiamo vivendo la più drammatica crisi del libro dalla Seconda Guerra Mondiale e un piano Marshall adesso risulta più che mai necessario. Come reagire? Rimanendo nella metafora militare, dopo un conflitto per ricostruire bisogna partire innanzitutto dalle macerie . I problemi più evidenti risiedono nel sistema italiano di diffusione e gestione della cultura. Innanzitutto l’editing italiano , a differenza di quello estero , come riconosce Kerbarer ” si prende troppo sul serio” , ovvero utilizza termini troppo astrusi e cupi per poter invogliare alla lettura. A peggiorare la situazione, è presente un’altra nota dolente legata al marketing, che pubblicizza non il contenuto del libro, ma il libro come oggetto di mercato, dando vita a quello che Kerbarer definisce un vero e proprio “supermarket della letteratura” .
Tuttavia, lasciando da parte problematiche fuori dalla nostra portata e rientrando nell’ambito della nostra realtà quotidiana , è proprio l ‘elemento più banale ad essere la causa fondamentale del nostro male: è la voglia di leggere a mancare. Se ci fate caso, infatti, arriva un punto della vita di ognuno in cui la lettura, da passatempo che era, diventa un peso. La radice di tale problema , secondo Kerbarer, udite, udite , è prima di tutto l‘istruzione. Per spiegarci meglio, non l’istruzione in se’ ma la noia che ad essa si accompagna. Nelle scuole infatti la letteratura viene spesso presentata come un esercizio serissimo ,privo di ogni stimolo e piacere. Siamo costretti a rapportarci, non con autori ” umani “come noi, ma con una sorta di Olimpo di dei inavvicinabili e lontani, di cui ci è imposta la venerazione. In breve, la scuola, più che insegnarci a capire gli autori, ci sta trasformando in una sorta di casta sacerdotale, costretta ad accettare l’ipse dixit dei nostri autori-dei. Andrea Kerbarer, indignato e rammaricato quanto noi studenti, vittime di lunghe ore di perifrasi da suicidio, propone prima di tutto di togliere la letteratura da questo piano sacrale, “profanizzandola” , ovvero rendendo gli autori più vicini a noi.
Però il nostro interrogativo rimane ancora privo di risposta. Come invogliare a leggere, intervenendo in prima persona, tutti i nostri amici e conoscenti che si sono allontanati dal mondo dei libri ? La risposta la offre, concludendo il suo discorso, sempre Kerbarer : “Non presentate la letteratura come qualcosa di necessario allo sviluppo intellettuale, ma come una fonte di divertimento e piacere. Date al vostro interlocutore un motivo per leggere mostrandogli che i libri contengono qualcosa che lo può realmente interessare, un argomento che risponda alle sue esigenze e che non risulti un’ imposizione forzata.”
Federica Rolfo e Federica Giuliano
e che non risulti un imposizione forzata.”
Anche noi tuttavia, intervenendo in prima persona, possiamo a questa pecca del sistema dell’istruzione, invogliando gli amici e offrendo loro la risposta al fondamentale “What’s in it for me?”, cioè presentandogli la lettura innanzitutto come un divertimento che è capace di offrire qualcosa che risponda anche alle loro esigenze, schierandoci in prima linea nella difesa della nostra cultura.
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