“Le mani parlano, anche molto meglio degli occhi o delle parole”, esordisce Fausto De Stefani parlando di “Mani”, il suo ultimo libro, presentato al Festival di Internazionale a Ferrara. L’autore racconta il suo rapporto con la manualità e le mani che hanno segnato le tappe fondamentali della sua vita: quelle della madre, deformate e causa di vergogna; quelle della figura paterna, sproporzionate rispetto al corpo esile; quelle di Mandelo, cantastorie di paese e “il più grande viaggiatore che ci sia stato”. Attraverso suggestive metafore e vivide immagini, De Stefani racconta il suo libro al pubblico.

Non è solo l’autore a parlare: l’incontro è arricchito dai punti di vista di Erri De Luca, autore affermato, e Mauro Corona, scrittore,  alpinista e scultore.

L’esperienza di De Luca con le proprie mani è strettamente legata alla scrittura, nonostante la percezione di esse si sia evoluta radicalmente nel corso del tempo. Da giovane, racconta l’autore, la mano non rappresentava altro che un utensile mal funzionante e incapace di seguire il costante flusso dei suoi pensieri: fu solo con l’avanzare dell’età che essa assunse il ruolo di “direttore d’orchestra della pagina scritta”.

La differenza generazionale è invece il fulcro del discorso di Mauro Corona, che sostiene che, pur essendo l’istinto manuale nella nostra natura, è un’abilità che stiamo perdendo: nell’epoca di internet e del digitale viene meno la necessità del lavoro pratico e aumenta la distanza, fisica e mentale, tra le persone.

I tre autori, ognuno con la propria identità ben definita, trovano nelle parole pronunciate da Mauro Corona un polo unificante: “Le mani sono una biografia, un testamento”.

Aminata Sow, Liceo Classico Vittorio Alfieri di Torino