L’aula magna dell’università di Torino straborda di persone per la conferenza di Massimo Recalcati sulla funzione della parola e della violenza.
Introducono Giovanna Milella, presidentessa del Salone del Libro, Laura Onofri di Se non ora quando e Silvia Giorcelli del Comitato di Garanzia dell’Università di Torino per le pari opportunità. Si soffermano tutte sul ruolo della parola come opportunità e sul fatto che la violenza soprattutto sulle donne, distrugga la parola, la abolisca. La violenza e l’aggressivitá si sostituiscono alla parola. Il compito di Se non ora quando, e anche dell’Università, dicono Silvia Giorcelli e Laura Onofri, è di riportare il diritto e il rispetto umano attraverso l’uso della parola e di costruire una società in cui convivano differenze, uguaglianze, parità.
Marco Pautasso, direttore eventi e attività cultura del Salone del Libro, passa a illustrare la struttura della conferenza, organizzata dal Salone off 365 con la collaborazione dei Librai Indipendenti, delle Circoscrizioni e della Scuola Holden. È previsto l’intervento di quattro ragazzi del Liceo Classico D’Azeglio e quattro studentesse del corso di laurea di Psicologia di Torino. Marco Pautasso inizia la discussione con Massimo Recalcati partendo proprio da un articolo suo pubblicato nel novembre del 2014 Uomini che odiano il mistero delle donne in cui si concepisce la parola sia come antidoto alla violenza, sia come premessa alla violenza stessa.
Massimo Recalcati inizia il suo discorso: se si cerca la verità si devono attraversare sentieri scoscesi molto meno facili. Il rapporto tra parola, violenza e donne è un passaggio difficile, un sentiero di montagna che lentamente, nel corso della discussione Recalcati e il pubblico in ascolto affronteranno.
Il primo passo del sentiero è la duplice interpretazione del concetto di parola: la parola è dialogo, quindi antidoto, la vita diventa umana solo quando si rinuncia alla violenza. La parola può fermare il braccio di Caino. Ma la parola può diventare ingiuria, quindi arma, arma verbale, violenza verbale. L’antidoto, quindi, può diventare l’arma propria di violenza.
Il secondo passo sul sentiero che si sta affrontando, è quello del rapporto con la memoria. Gli animali vivono la violenza, possiedono cicatrici visibili che fanno in modo che archivino la violenza, negli umani non è così, le cicatrici sono invisibili e la violenza ce la si porta dentro. E la grande differenza è che le tracce della violenza chiedono una riattivazione al contrario degli animali, che chiedono l’archiviazione. Questa riflessione parte da Sigmund Freud che osservando i soldati tornati della guerra più che volerla rimuovere la volevano rivivere, la riproducevano. Recalcati definisce tutto ciò come scabroso. Scabroso è il caso di Miss Caserta che in ospedale in fin di vita a causa delle botte del compagno, alla domanda del giornalista che le chiese “Cosa vorresti in questo momento?” rispose: “Averlo ancora qui con me”.
Il terzo passo, la parete scoscesa: perchè si ama chi ci odia? Perché si cerca la mano che percuote? Cita di nuovo Freud, sostenendo che il rifiuto della femminilità è la radice che accomuna i sessi; sia gli uomini che le donne fanno fatica ad accogliere la femminilità. Cos’è la femminilità e perché viene respinta?” La femminilità – dice Recalcati – è il nome della libertà, del desiderio, è il nome del desiderio anarchico. Ciò che non può essere controllato né definito”. E’ chiaro che tutto cio’ per un uomo diventi motivo di angoscia, ma lo è anche per le donne. Non si sa come gestire la femminilità.
Come ha trattato l’ideologia patriarcale l’eteros della femminilità? Inizialmente è stata repressa attraverso la maternità, la donna diventando madre, perde la sua anarchia, la madre diventa la prigione della donna, che viene dominata dal patriarca. In secondo luogo riducendo la donna ad oggetto. Esempio lampante è Mastro Don Gesualdo la moglie viene chiamata “roba”, roba mia. Vero è che Sartre definisce l’amore come possesso, ma non possesso inteso come proprietà, ma intesa come possesso della libertà dell’amato, che pur essendo libero sceglierà sempre l’amato. Terzo punto, forse quello che giustifica di più la violenza. Lacan sottolinea che dove c’è amore c’è sempre amore eterosessuale, inteso come amore per la differenza, non intesa dal punto di vista anatomico, e ciò che fa la differenza è l’eteros. La lingua della donna è una lingua strana di cui non esiste dizionario. L’analfabetismo dell’uomo è ciò che porta la violenza. L’uomo nel non capire la donna tira fuori il suo fantasma che si realizza nel “Sono tutte puttane”. Ma cosa vuol dire realmente? L’uomo non decifrando la femminilità, non riuscendo a decifrare l’infinito della donna, la degrada, rende finito l’infinito dell’eteros. La femminilità è sempre in costante ricerca. Le donne appena entrano ad una festa guardano in primis le donne per capire chi lo è davvero. Le donne sono la donna, sono l’individualità, poiché tutte diverse. Al contrario degli uomini che sono tutti in divisa. L’individualità della donna sta nella sua assenza di modelli, ecco perché il rapporto madre figlia è spesso così difficile, la figlia accusa la madre di non averle saputo spiegare la femminilità, per non averla indirizzata. La verità è che la madre non può spiegare alla figlia come si abita la femminilitá.
Rimane lo spazio per le domande preparate dagli otto ragazzi che spaziano nei temi, articoli e libri di Recalcati. Eccone alcune. Una delle ragazze del Liceo D’Azeglio chiede dell’educazione sessuale e, precisamente, come si fa ad avere un’educazione sessuale. Recalcati risponde che non si dovrebbe considerare l’educazione sessuale come una disciplina, l’educazione sessuale è l’educazione alla letteratura, alla cultura, all’amore. Bisognerebbe insegnare che la sessualità si unisce all’amore, la sessualità è la voglia di amare un corpo. Il pubblico esplode in un applauso.
E poi: un uomo sa cos’è un uomo? E una donna sa cos’è una donna? Il pubblico scoppia a ridere per l’apparente semplicità della domanda, come si capisce dalla risposta. L’uomo sa praticamente da subito di essere tale, da quando gioca a fare la pipì più lontano, dice ridendo Recalcati, e quando l’uomo incontra la donna si “femminilizza”. Quando si parla di generi bisogna evitare di cadere in due rischi: Il fatto che essere maschi o femmine sia destino scritto nell’anatomia; che sia l’educazione a determinare tutto. In effetti gli psicanalisti hanno concluso che il genere sia una combinazione di anatomia, educazione/comportamento, e un terzo fattore che è la scelta del subconscio. Non basta essere vestiti da donna per essere tale, nè essere vestiti da uomo per essere uomini.
Terza domanda di una delle ragazze della facoltà di psicologia, diverge un po’ dal tema precedentemente trattato, è su uno degli ultimi libri di Recalcati Il complesso di Telemaco, un saggio sul rapporto tra padri e figli. Gli chiedono come sia possibile chiedere che qualcosa torni sempre dal mare. Recalcati inizia raccontando che da piccolo i suoi idoli erano Telemaco e Gesù, insomma personaggi entrambi con un problema evidente di abbandono da parte del padre. Lui, parlando di se stesso, sottolinea che la sua generazione è quella di Edipo, dello scontro coi genitori, la nostra, quella di Telemaco è la generazione dei figli abbandonati. Telemaco insegna che poichė dal mare non torna niente, lui si mette in viaggio, ed è lui che fa muovere il ritorno di Ulisse. Telemaco è il figlio che interpreta l’eredità del padre mettendosi in viaggio.
L’ultima domanda principale, sempre posta da un ragazzo del Liceo D’Azeglio è sui genitori, sulla differenza tra padre biologico e patrigno. Recalcati sottolinea che in psicanalisi quando si parla di madre e padre non si parla dei genitori biologici, ma di quelli adottivi nel senso di coloro che si prendono la responsabilità di essere genitori, scelgono di crescere ed educare una vita, di adottare una vita.
L’incontro con Massimo Recalcati può durare ore, il pubblico è rapito dalle sue parole, ma dopo l’ultima domanda, la conferenza si chiude, direi che ci ha lasciato non pochi spunti di riflessione, sia agli uomini che alle donne.
Eugenia Jona, Redazione BookBlog
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