Oggi allo Spinelli abbiamo scaldato i motori. Molte ragazze, qualche ragazzo – antenne dritte, aria vispa – per la prossima volta prevedo parecchie domande spinose su “A perdifiato”. Stamattina ho raccontato un po’ il mio rapporto con Kafka.
Se penso a un compagno – anzi, a un fratello – che sappia farmi avanzare a testa bassa nel futuro è sempre il buon vecchio Franz a venirmi in mente per primo. Ovviamente è “Il castello” il regalo più grande che ci ha fatto, un posto dove arrivi con una promessa di impiego ben precisa, un incarico per il quale hanno già provveduto a fornirti degli aiutanti, ma non è ben chiaro né quando comincerai né dove né con chi dovrai parlare per la definizione del tuo contratto. E intanto nevica e ti rifugi all’osteria a bere birra e a innamorarti della locandiera, mentre le voci al telefono, dagli stramaledetti uffici, continuano a risultare incomprensibili, così come non si capisce se Klamm ti aiuterà o ti farà allontanare, e niente è chiaro del tuo futuro se non la certezza che, nonostante la fine di ogni illusione, tu con tutta la tua forza di giovane esemplare della stirpe umana continuerai a cercare
Mauro Covacich
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