E’ nell’oratorio San Filippo Neri, durante l’ultima giornata di Portici di Carta, che si è tenuta la presentazione del libro Una speranza ostinata. Terezín, Auschwitz, Varsavia, Dachau di Max Mannheimer, che raccoglie la testimonianza dell’autore, vittima della Shoah e recentemente scomparso.

Con l’alternarsi di letture tratte dal libro e interventi, gli ospiti hanno raccontato non solo la vita di Mannheimer, ma anche un pezzo di storia. Scritto in pochi giorni per la paura di non riuscire a terminare il lavoro prima di morire, Una speranza ostinata “rappresenta le minuscole tracce di uno sterminio di massa”, come viene detto e ribadito, “ed è una storia non solo fattuale, ma anche composta di metaracconti”.

Un valore aggiunto all’incontro è la presentazione di alcuni spezzoni di un documentario propagandistico che dipinge Terezìn -campo di concentramento in cui venne imprigionato anche Mannheimer- come un luogo meraviglioso, dove gli ebrei potevano divertirsi e trascorrere tempo di qualità. Fortunatamente la circolazione del video fu limitata, dal momento che quando il processo di montaggio fu finito, la guerra volgeva ormai al termine: “se fosse andata diversamente, se questo video avesse avuto maggiore visibilità, chissà quali difficoltà riscontreremmo oggi nel raccontare questa storia”, afferma Carlo Greppi.

Come si può trasmettere la memoria in un momento così delicato, in cui le ultime vittime della Shoah stanno scomparendo? A questa domanda risponde Guido Vaglio, illustrando il progetto delle pietre d’inciampo -monumenti atipici, costituiti da piccole targhe di ottone poste su cubetti di pietra che sono poi incastonati nel selciato- come un efficace mezzo per ricordare.

Un incontro interessante, non scontato e che affronta in modo preciso e puntuale un tema difficile da trattare.

Giorgia Scarrone e Aminata Sow, Liceo Classico Vittorio Alfieri di Torino