Alle 16:00, nello spazio caffè letterario del salone, abbiamo avuto l’occasione di assistere ad un incontro con un grande poeta e scrittore, di origini un po’ diverse da quelle che ci aspetteremmo. Lui è Mircea Cărtărescu, originario della Romania, ma noto in Italia grazie alle traduzioni delle sue poesie ad opera di Bruno Mazzoni, presente all’incontro insieme alla sua editrice che ha permesso la pubblicazione dei suoi lavori, compreso l’ultimo, ‘Abbacinante’. Mazzoni lo presenta sostenendo l’unicità del suo stile, caratterizzato da tratti realistici, dai quali giunge al fantastico con espedienti, come un sogno. ‘E’ diverso dagli scrittori italiani, per il fatto che nella sua scrittura vi è una profondità di pensiero e capacità di creare mondi paralleli unici.’ Grazie a queste sue peculiarità è uno tra gli autori candidati al premio Nobel e di questo la Romania ne va fiera, dal momento che mai, prima d’ora, si era presentata una tale opportunità. Dopodichè il microfono è passato all’autor, Mircea, il quale, con l’aiuto della traduttrice al suo fianco, ha salutato il pubblico esprimendo tutta la sua felicità di essere qui, a Torino, una città magica. Ma, prima dei vari ringraziamenti, ha preferito parlare della letteratura e di cosa questa significhi per lui: ‘Ho sempre pensato che la letteratura sia come la pelle.. e proprio per questo mi considero una sorta di ‘artista del tatuaggio” ha affermato Cărtărescu. Proseguendo con questa meravigliosa metafora, ha raccontato di come le poesie siano state come tatuaggi per lui e che, ad un certo punto della sua vita, come se il suo corpo fosse stato privo di spazi vuoti e completamente tatuato, attraversò un periodo di crisi e smise di scrivere poesie. Ma questo brutto momento si concluse nel momento in cui si accorse che anche gli organi interni potesseri essere tatutati. E così fu:’Con la trilogia ho tatuato il mio cuore, l’intestino fino a ritrovarmi tatuato dentro tanto quanto fuori’. In seguitò, come racconta, Mircea si trovò a dover far fronte ad una nuova crisi, ma ne uscì tatuando quell’ultima parte interiore di sè stesso: il cervello. Lo scrittore, inoltre, per Mircea, è un masochista, dal momento che, così come durante l’atto di tatuarsi, mentre scrive prova non solo gioia ma anche dolore e nonostante ciò, egli si gode la sua sofferenza, senza la quale non potrebbe vivere perchè la trasforma in tutto e per tutto in gioia, da offrire ai lettori. Successivamente Mircea Cărtărescu ha raccontato di aver cominciato a scrivere a 17 anni, sul suo diario e che da quel momento, fino ad oggi, non ha mai smesso. ‘Secondo me è la maggiore forma letteraria, diversa dai romanzi e da tutti gli altri generi, perchè sei più libero! E non serve una scaletta per organizzare il discorso, altrimenti non ti sorprenderesti mai, ma scopriresti sempre cose nuove, pagina dopo pagina!’. Sorridendo, lo scrittore, ha frenato il suo entusiasmo e ha cominciato con i ringraziamenti, citando Bruno Mazzoni, suo grande amico, persona splendida, oltre che grande traduttore. Ha ringraziato poi la sua editrice, i rappresentanti dell’istituto rumeno in Italia, che hanno reso possibile il suo viaggio e tutti gli ascoltatori che lo hanno seguito con estrema attenzione e stupore.
Celeste Paccotti, Matteo Pecoraro
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