Ore 11.00, puntuali a Palazzo Tassoni per seguire l’incontro che Intrnazionale ha organizzato con Medici Senza Frontiere. Bicicletta parcheggiata, di corsa dentro!
Nove teste di autori riunite per raccontare la restituzione della dignità alle donne africane. A rappresentanza di questi, Wilfried N’Sondè, scrittore congolese, che innanzitutto ringrazia il team di Medici Senza Frontiere per la loro collaborazione nell’esperienza d’aiuto in Africa. “Prima di andare in Burundi non ero contento degli aiuti umanitari, che spesso si rivelavano più parole che fatti. Poi MSF stupendomi ha dimostrato di essere un’organizzazione diversa, sincera e fatta non solo di promesse. Nel più dei paesi africani le donne incinte hanno problemi durante la gestazione e durante il parto, per cui è facile che perdano la vita sia loro sia i bambini, e questo comporta anche grosse ripercussioni sullo spirito di medici ed infermieri, a cui non importa solo dei soldi, ma soprattutto delle vite umane. La facilità con cui a una donna muore un figlio, la conduce a una perdita della dignità.”
Al successivo intervento toccante dell’attivista keniana, vestita di un abito color petrolio con finiture dorate, sullo stile chiaramente africano, le facce del pubblico restano basite: Siama Musine ci racconta, infatti, di aver scoperto di essere affetta da HIV quando aveva un figlio di tre anni. All’inizio l’aveva taciuto al piccolo, pensando di ammazzare prima lui e poi di suicidarsi. Poi aveva capito che doveva “soltanto” trovare le forze di combattere la malattia, perchè era possibile vincerla, e l’aveva confessato al figlio e aveva cercato il modo di farsi curare chiedendo aiuto a MSF. Aggiunge alla fine del racconto: “In Africa si pensava che questo genere di malattie fossero trasmissibili al contatto con la persona infetta, quindi io e le persone malate come me venivamo isolate. Ma con l’arrivo di Medici Senza Frontiere è stata spiegata la falsità della diceria, e da quel momento almeno i rapporti sociali ed umani sono stati ricreati anche con i malati.”
MSF, infatti, ha fatto crescere tutti gli africani con cui ha avuto a che fare, facendo loro partecipi dei sintomi delle malattie e delle possibilità curative dei mezzi a loro disposizione. Dopo che Siama Musine è stata curata ha iniziato a collaborare con Medici Senza Frontiere, lavorando a stretto contatto con donne incinte e sieropositive, spesso giovani spose. “Alle volte – racconta Siama – mi comporto come una sorta di psicologa per queste donne, perchè temono di dire di essere sieropositive ai propri mariti, che in questi casi sono soliti cacciare le mogli di casa, lasciandole senza niente, neppure una famiglia.” E poi Siama ci spiega che deve insegnare alle donne come non infettare gli altri, fungendo lei stessa come modello di comportamento in base alla sua esperienza.
Prende nuovamente la parola Wilfried N’Sondè: “Questo discorso non riguarda solo le donne africane, ma tutte le donne. E sono contento di essere qui perchè avevo promesso alla gente africana con cui ho avuto a che fare che avrei raccontato le loro testimonianze a più persone possibili, rendendo loro nuova dignità. Vi racconto che il cambiamento che più mi ha colpito da dopo l’arrivo di MSF risiede nelle donne che hanno ripreso a ridere e a ballare come prima, perchè quella che è stata data a loro da Medici Senza Frontiere non è solo la cura alle malattie veneree ma anche a tutti gli altri mali.”
Un caloroso applauso di chiusura, come fosse un abbraccio a Siama e un complimento a Wilfried, e poi usciamo e torniamo alle nostre vite, ricche e fortunate. Ma la testa resta tra quelle parole, e le mani prudono perchè vorrebbero fare concretamente qualcosa, e lo faranno.
Miriam Roberto e Giulia Poggio
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