A sentir nominare un incontro sui pericoli Internet, è facile immaginare che sarà retorico e nostalgico di un’era analogica ormai scomparsa. Se l’incontro è quello che Carlo Blengino e Alberto Rossetti hanno tenuto domenica 8 ottobre ai giardini Sambuy come parte della rassegna Portici di Carta, però, non ci potrebbe essere idea più sbagliata.
Blengino e Rossetti conoscono a fondo il mondo della Rete, in modi piuttosto diversi: il primo è un avvocato penalista (annovera tra i suoi clienti Google e Facebook) e uno dei membri del Nexa Center for Internet & Society, organismo nato nel 2006 dal Politecnico di Torino il cui scopo è analizzare, approfondire e diffondere la comprensione di Internet, delle sue dinamiche e del suo impatto sulla società. Alberto Rossetti, invece, è uno psicoterapeuta che si occupa in particolare del rapporto tra i minori e i social network, e autore (insieme al giornalista Simone Cosimi) del libro Nasci, cresci, posta, che ha lo scopo di aiutare i genitori a comprendere il mondo di Internet e utilizzarlo in maniera costruttiva insieme ai propri figli

“Perché siamo sui social?”
“In che modo un genitore può accompagnare i propri figli verso un uso consapevole di Internet?”
Sono le domande di Blengino sulla base delle quali si sviluppa l’incontro.
Alla prima, Rossetti risponde esaustivamente fornendo quattro motivazioni che suoneranno familiari a molti di noi: “Per prima cosa, per la prima volta nella storia dell’uomo abbiamo la possibilità di vedere la nostra vita dall’esterno, cosa che non ci capita molto spesso, tant’è che Freud un secolo fa diceva che “L’Io non è padrone in casa propria.”. In secondo luogo, una volta che ci siamo visti, scopriamo di poter manipolare la nostra vita virtuale a nostro piacimento: una foto, infatti, non è quasi mai veritiera, ma ritoccata e costruita ad hoc per trasmettere l’idea di noi che più ci piace. Poi sperimentiamo la possibilità di essere chi vogliamo e da ultimo quella di fare ciò che vogliamo, spesso senza tenere conto delle conseguenze che le nostre azioni digitali possono avere sul mondo reale.”

Per quanto riguarda la questione della crescita di un bambino nell’era digitale, Rossetti diversifica il ruolo dei genitori in base all’età del figlio: “Sotto i dieci anni non c’è motivo per stare attivamente sul web, se non in social network sviluppati apposta per bambini, che pure essendo fatti molto bene rimangono di nicchia. Le leggi dei principali social network (Facebook e YouTube in primis) vietano inoltre agli under 13 di creare un account, e permettere a un figlio di età inferiore a quella richiesta di infrangere consapevolmente una regola può trasmettergli l’idea che stare sul web equivalga a mentire. Tra i tredici e i sedici anni è consigliato l’uso “supervisionato” dei social da parte dei genitori, ma dai sedici anni in su sarebbe un limite allo sviluppo adolescenziale dei ragazzi cercare di controllare la loro vita sui social. Ovviamente queste età non sono da prendere in quanto assolute e indiscutibili, ma soltanto come linee guida che possono essere d’aiuto ai genitori più dubbiosi.”

Margherita Mautino,

Liceo Alfieri,  Torino