Il fisico e scrittore torinese Paolo Giordano, autore de La solitudine dei numeri primi, premio Strega nel 2008, grazie alla sua formazione scientifica si è rivelato un commentatore misurato e sobrio nella scrittura di diversi articoli per il Corriere della Sera, rivelatisi utili per districarsi all’interno della complessità della crisi pandemica.
Nell’incontro di questa sera, dal teatro Astra di Torino, ci ha offerto il suo punto di vista circa la dicotomia malattia-cura e ha posto l’attenzione su come questa pandemia ci abbia inevitabilmente costretti a cambiare paradigma, a considerare noi stessi non più come singoli individui, ma come elementi inseriti in una rete molto più ampia di esseri umani, di cui fanno parte gli ecosistemi, l’economia e la sanità. Lo sforzo grande che questa situazione ci ha richiesto implica infatti un mutamento nell’atteggiamento dell’uomo, la cui natura conduce a raggiungere i propri obiettivi senza considerare gli altri: quella stessa natura, insieme al timore verso questo nemico invisibile, oggi ci impone di agire pensando al bene collettivo, anche con un semplice gesto, divenuto ormai normale come quello di indossare la mascherina, per proteggere noi stessi e gli altri.
Giordano ha proseguito ponendo l’attenzione sull’elemento dell’immaginazione, che tanto è mancata in questa pandemia, quanto ci si è resi conto della sua necessità. Ci chiediamo infatti più volte chi si nasconda dietro quelle mascherine, che faccia abbia il virus che circola intorno a noi, invisibile, un alieno, come frutto della fantasia dei più grandi registi di Hollywood.
La prima forma di immaginazione con cui dobbiamo rapportarci tutti i giorni è quella suggerita dalla matematica, utile a comprendere la totalità entro cui la pandemia ci ha immersi: i numeri dei contagi, i rapporti tra i tamponi positivi e quelli negativi, la contabilità delle ospedalizzazione, dei morti, dei nuovi positivi, numeri verso cui ora proviamo una sorta di tragica anestesia.
Il ruolo della matematica nella pandemia è fondamentale, in quanto ci consente di disporre di mezzi e modelli per pianificare scenari, dandoci l’unico vantaggio per arginare il virus: la capacità di previsione. In fondo affacciandoci sui balconi, spazi che ci riportano indietro alla prima ondata, camminando per strada, ci è capitato di strofinarci gli occhi per renderci conto di quello che ci stava di fronte. Una scena di un film di fantascienza, non uno spettro del passato, ma un preambolo del futuro. È solamente una piccola anticipazione infatti dei disastri mondiali cui andremo incontro a causa della devastazione ambientale, che favoriscono il cosiddetto spillover, se non cambieremo le nostre abitudini.
Ecco come allora, in conclusione, Paolo Giordano ci esorta a modificare il nostro modello di sviluppo, fatto di tre tappe fondamentali: l’accettazione della scienza, dei pericoli da cui essa ci mette in guardia e dei cambiamenti indotti in noi dai pericoli e dalla paura.
Paura del diverso, dell’alieno, della forma di questo maledetto virus, dei suoi viaggi da un corpo ad un altro che possiamo soltanto, quotidianamente, immaginare.
Alessia Ferraris, Emanuela Idotta – Liceo Classico Vittorio Alfieri, Torino
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