La maratona finale di questa speciale, straordinaria nel vero senso etimologico del termine, edizione del Salone del Libro offre agli spettatori un’esperienza a trecentosessanta gradi: da un lato non mancano, come sempre, interventi di autori e personaggi importanti del panorama letterario italiano. Dall’altro, però, la musica ha un ruolo di primo piano nel gran finale di questo Salone: esibizioni di musicisti e cantautori italiani si susseguono all’ombra della torre dei libri, ormai simbolo della manifestazione, a fornire un gradevole intermezzo tra un intervento e l’altro. Non sono però da considerarsi delle semplici interruzioni: tutto ciò che avviene in questa serata è perfettamente calibrato per trasmettere qualcosa agli ascoltatori, le canzoni scelte non sono da meno.

Fabrizio Bosso, alla tromba, insieme agli altri due membri di Spiritual Trio (Alberto Marsico all’organo, e Alessandro Minetto alla batteria) ci regalano una notevole interpretazione di due brani tratti dalla musica afroamericana del secolo scorso, ambito nel quale il terzetto è specializzato.

Il primo, A Change is Gonna Come, è evocativo già dal titolo. “Un cambiamento sta per arrivare”. È quello che ci aspettiamo in questo periodo, noi tutti percepiamo distintamente che la nostra società non sarà più la stessa, dopo quello che stiamo vivendo. Siamo in grado di fiutarlo nell’aria, anche se il mistero in cui è avvolto il nostro avvenire rende questo periodo ancora più incerto e difficile. Questo pezzo ha una storia travagliata: scritto e registrato da Sam Cooke nel ’63 non fu pubblicato, per il messaggio politico profondo e tagliente, fino all’anno dopo, in seguito alla morte in circostanze non del tutto chiare dell’autore. Siamo nell’America in cui la segregazione razziale è ancora forte, e le parole di Martin Luther King si stanno diffondendo tra la popolazione. Non stupisce come questa canzone, poco dopo la sua pubblicazione, sia diventata l’inno della lotta per i diritti civili. Per questo particolarmente azzeccata, tra l’altro, l’esecuzione di questo brano nella giornata mondiale contro l’omofobia e la transfobia.

Il secondo pezzo, Wade in the Water, in modo simile fa riferimenti espliciti alla travagliata storia degli schiavi di colore negli Stati Uniti. Il guado nell’acqua di cui si parla nel titolo è una citazione biblica, riguardo alla fuga degli israeliti dall’Egitto. In chiave attuale può essere letto ancora una volta come l’incerto periodo che stiamo attraversando.

Dopo lo spegnersi dell’ultima nota della tromba di Bosso, la maratona prosegue con Paolo Giordano. Fisico, ma non solo. Noto al grande pubblico soprattutto per La Solitudine dei Numeri Primi (2008, per cui ha vinto il premio Strega), Giordano stasera commenta il suo ultimo libro, di grande attualità. Nel Contagio è un instant book che racconta la pandemia attraverso gli occhi di uno scrittore con una formazione scientifica alle spalle: per questo le riflessioni che ci ha offerto nel suo libro, nei suoi articoli e nel suo intervento di stasera sono così accurate (come solo uno scienziato potrebbe fare) e allo stesso tempo efficaci e di facile comprensione e interiorizzazione.

“Già s’intravede la pace”. È su questi toni, con una citazione di Marguerite Duras, che iniziano i pensieri espressi stasera. E se da un lato un’affermazione del genere può portare sollievo a una popolazione stremata da mesi di restrizioni e immobilità, non vuol dire abbassare la guardia. Infatti, la citazione della scrittrice francese non termina così, non è un lieto fine per noi. “È come un grande buio che cala. È l’inizio dell’oblio”. Infatti, così come succede con le guerre, metafora usata (e secondo Giordano abusata) da varie personalità nel panorama internazionale per indicare questa pandemia, una volta che è giunta la tanto agognata tranquillità la velocità con cui ci si sforza a dimenticare quello che è successo, la sofferenza provata, è impressionante. Questo non deve accadere ora: la pandemia di Covid19 sta diagnosticando in modo metodico i problemi della nostra società: si va dalla scarsa considerazione che si è avuta per i giovani fin dall’inizio dell’emergenza, al ritardo con cui ci si è preoccupati per i membri più anziani della popolazione. O ancora l’individualismo dimostrato dagli stati europei negli ultimi mesi: lo scrittore si stupisce ad esempio del fatto che l’emergenza sia stata trattata come nazionale e non comunitaria. Questo è indicato dal fatto che non sia mai stata prodotta neanche simbolicamente una curva che considerasse i contagi nel loro complesso in tutta Europa.

Ci si augura dunque che dopo questa esperienza si possa far fronte a avvenimenti destabilizzanti in modo coeso: le sfide che l’umanità sarà chiamata ad affrontare saranno sempre più globali, e non si sta parlando solo dell’eventualità di nuove epidemie, ma anche della crisi climatica.

L’immediato futuro è quello su cui si concentra in seguito Giordano. Come descrive la fase attuale è suggestivo: siamo bendati, nella nebbia. Sarà un periodo in cui andremo avanti attraverso prova ed errore, apportando correzioni man mano che queste diventino necessarie. I problemi non mancano: un esempio è la difficoltà presente dall’inizio dell’emergenza e che ancora permane a reperire informazioni chiare su ciò che viene fatto, soprattutto a livello istituzionale.

E questa è una criticità non da poco, dal momento che in un periodo incerto come quello che stiamo vivendo emerge l’importanza della fiducia. Nella nebbia siamo chiamati a decidere chi seguire, di chi fidarci, e con una scarsa informazione la decisione rischia di essere basata sull’istinto, che raramente centra il bersaglio. È sotto gli occhi di tutti dunque l’importanza che gli esperti hanno riacquistato oggi, dopo anni in cui abbiamo visto un’esplosione di movimenti come quello dei no-vax o dei terrapiattisti. Segno evidente della diffidenza di una popolazione che si divide in scienza e antiscienza, come tifosi di squadre contrapposte, il dibattito sui social infuria.

Giordano quindi mette in luce la necessità, da parte della scienza e della medicina soprattutto, di impostare la divulgazione modo che sia aperta a tutti, comprensibile, e chiara: torna sulla questione no-vax, evidenziando come un problema di tal genere si possa risolvere sia con severe regolamentazioni che con accurate e mirate campagne di informazione.

È verso la fine dell’incontro, invece, che emerge il lato prettamente matematico dell’epidemia, su cui Giordano si è concentrato molto nel suo libro.

Prima che diventasse emergenza sanitaria (e poco dopo economica), questa è stata un’emergenza matematica. Le epidemie possono essere studiate grazie a modelli numerici, e ci sono ragioni precise dietro alla crescita iniziale così rapida dei nuovi contagiati, cosa che può risultare spaventosa. Perciò l’importanza della divulgazione del modello matematico è proprio quella di tranquillizzare la popolazione che vede aumenti giornalieri a tre zeri da un lato, e dall’altro a regolare le aspettative delle persone che, nel primo periodo, hanno sottovalutato la portata del fenomeno.

La chiusura dell’incontro è un altro riferimento letterario: “Un giorno questo dolore ti sarà utile”, titolo di un romanzo di Peter Cameron. Quello che traspare dalle parole di Giordano è che dei mutamenti nella nostra società ci saranno, ma se questi saranno positivi o negativi dipende solo da noi. Dipende dai comportamenti che adotteremo, dipende da come verrà indirizzata la spesa pubblica durante la ricostruzione, se in modo utile o meno.

L’augurio è che l’umanità possa sfruttare questo dolore per maturare, che tutte le vite umane spente a causa di questo nuovo virus venuto da lontano non vadano completamente sprecate. Che questa pandemia, alla fine, ci sia davvero utile.

Jacopo Cardinale, Liceo Classico Vittorio Alfieri, Torino