Il mio l’ultimo anno alle scuole medie iniziò con una giornata dedicata al tema della sicurezza. Il programma funzionava all’incirca così: la mattina ogni terza classe svolgeva un’attività diversa che avrebbe condiviso nel pomeriggio con i compagni delle altre sezioni. Ad esempio, gli addetti al Primo Soccorso diventavano al tempo stesso insegnanti e allievi di chi aveva imparato come mettere in sicurezza i luoghi colpiti da
scosse sismiche, e così via. A noi toccò la gita al comando provinciale dei Vigili del Fuoco. WOW! Quella mattina sperimentammo diversi tipi di evacuazione simulata, da un aereo in fiamme, da uno scantinato buio, perfino dal tetto di un edificio. Tuttavia, ai miei compagni riportai soprattutto le prime parole che il Comandante dei VVF pronunciò alla schiera dei venticinque mini­pompieri di cui facevo parte.
“Ragazzi, la regola numero uno di questo lavoro ci impedisce di iniziare un intervento di soccorso qualora metta in pericolo la nostra indennità”.

Ma come­ pensai­ mio padre dice sempre che il mio bene arriva dopo quello degli altri. Solo dopo una specifica del Comandante mi si chiarirono le idee. “Un soccorritore ferito non è utile per la vittima, anzi, è un ostacolo”. Ẻ vero! E se il Comandante ha ragione, il principio si può estendere anche al di fuori del
loro mondo? Non lo sapevo, ma mi fidavo di quelle parole. Così Il mio quesito restò lì, in sospeso, e la
risposta arrivò poco più di un mese fa. Nei primi giorni di un altro ultimo anno di scuola, mi viene proposto di collaborare alla presentazione del nuovo romanzo di Ala al­Aswani, Cairo Automobile Club, presso il Liceo Classico Cavour di Torino. Ma non è tutto. Il liceo non era solo la sede dell’incontro, era forza attiva nel progetto. La cosa funzionava all’incirca così: noi, io e altri due studenti della Scuola Holden capitanati da Marta Pastorino, avremmo incontrato loro, i ragazzi del liceo, tre volte. Il nostro compito era prepararli alla comprensione del libro, trovare domande da rivolgere a lui, l’autore, e strutturare insieme la presentazione. L’attività iniziò con una riunione di staff in cui ciascuno di noi raccontò a Marta la propria idea riguardo il romanzo e il fil rouge seguito per tutte le cinquecento pagine. In tre, però, non eravamo in grado di esporre un concetto in modo chiaro.
“Ragazzi, educare qualcuno significa essere portatori di un’idea ben precisa e tramandabile.” Fu la risposta di Marta.
Caspita, aveva proprio ragione il Comandante, e anche Marta! Proseguii il ragionamento tra me e me: finché non sarò sicura delle mie idee come posso proporle a qualcun altro? Prima di incontrare i ragazzi abbiamo lavorato a fondo sulle nostre interpretazioni, con grandi risultati. Abbiamo portato loro le nostre idee, senza imporle. Erano delle proposte, degli stimoli a fare smuovere la loro opinione, a creare confronto e condivisione degli insegnamenti tratti dalle parole di Ala al­Aswani. La comprensione non era una, erano tante, quante le voci che si sono espresse e che hanno generato altre conoscenze ancora; nuove idee che oggi abbiamo donato a lui, l’autore. Sì donato, perché quando le storie vengono diffuse, reali o di fantasia che siano, hanno il potere di creare un rapporto di scambio senza paragoni. Tra Noi e Loro; tra Noi, Loro e Lui; tra Lui, Loro e Noi.

Bianca Pavarin, Scuola Holden

Leggi anche gli altri articoli degli studenti che hanno partecipato al progetto:

  • Per la scuola Holden
  • Per il Liceo Covour