È il 2012 quando esce “Come pietra paziente”, film diretto da Atiq Rahimi e tratto dal suo libro, intitolato “Pierre de patience, syngué sabour”. Una storia toccante, frutto della riflessione dell’autore in seguito all’assassinio della poetessa afghana Nadia Anjuman, picchiata a morte dal marito a soli 25 anni per aver espresso il proprio pensiero ed essersi ribellata all’oppressione a cui ogni giorno le donne del suo Paese sono soggette. Sconvolto da quanto accaduto alla connazionale, Rahimi coglie l’occasione di un ritorno in patria per saperne di più sulla drammatica vicenda. Venuto a sapere che l’assassino era in gravi condizioni dopo aver tentato il suicidio, decide di vedere il volto di colui che ha tolto la libertà alla giovane. Inizia così ad interrogarsi su ciò che una donna avrebbe voluto dire al proprio uomo se si fosse trovata vicina al suo capezzale e avesse avuto l’opportunità di confidargli i suoi segreti più profondi e i suoi sogni. Da qui l’idea di raccontare una storia che ruoti attorno alla figura di una donna, dal punto di vista di una donna e per una donna.
Tutto questo e molto altro è stato rivelato durante il dibattito avvenuto la sera del 14 marzo, in seguito alla proiezione del film presso Cinemazero a Pordenone.
Un film importante, oggetto sia di riflessione che di critiche a livello internazionale. Anche in sala si è acceso il dibattito e diverse correnti di pensiero si sono trovate faccia a faccia a confrontarsi, come è giusto che sia in un Paese che ha ancora la libertà di parola.
Rahimi, però, non si fermerà qui e continuerà a mostrare delle realtà controverse che pochi hanno il coraggio di affrontare. Il suo prossimo progetto infatti riguarderà la storia del Ruanda, Paese africano con una storia difficile e analoga a quella di Kabul.

Lisa Amati, Chiara Leorato, Futura Paladino, Liceo Scientifico M. Grigoletti