Davanti alle tragedie non ci sono parole, ma di fronte al più grave genocidio verificatosi nel XX secolo, ogni 27 gennaio, il Giorno della Memoria, vengono ricordati milioni di ebrei uccisi in modo sistematico dalla dittatura nazista; con loro persero la vita anche zingari, testimoni di Geova, omosessuali, portatori di handicap, oppositori politici. Una tragedia che oggi ci pare priva di motivazioni razionali e piuttosto dettata da un odio indiscriminato verso coloro che vengono considerati “impuri” o diversi.

La triste storia dell’Olocausto iniziò all’alba degli anni Trenta, quando vennero introdotte in numerosi paesi europei, primo fra tutti la Germania, leggi contro gli Ebrei, le cosiddette leggi razziali; la diffusione di insensati pregiudizi nei loro confronti li portò ai margini della vita sociale. Le cause, in realtà, furono molteplici, si va dagli aspetti filosofico-culturali a quelli politico-economici, oltre ad un’ipotetica motivazione religiosa: la messa in croce di Gesù Cristo; pare bastasse ciò per renderli “meritevoli” di essere perseguitati e di morire attraverso atroci sofferenze. E’ necessario però fare un passo indietro per collocare meglio l’accaduto: la recessione degli anni 20, dovuta alla Prima Guerra Mondiale, dalla quale la Germania stava cercando di uscire, si era rivelata più mitigata nei loro confronti, poichè erano riusciti a far fruttare le loro ricchezze grazie alla pratica del prestito a interesse, spesso incoraggiato, perché ai cristiani e musulmani era ufficialmente proibita, infatti la maggior parte delle banche era di loro proprietà e molti proprietari terrieri avevano debiti nei loro confronti. Gli ebrei non si trovavano quindi in una situazione di crisi come la classe media e operaia della Germania e i loro beni incominciavano a far gola al regime, a Hitler.

Agli Ebrei, inoltre, veniva rinfacciato ciò che la maggioranza imponeva loro, cioè la separazione dagli altri quando invece era la legge stessa che li costringeva a vivere in quartieri separati, i ghetti. Si arrivò addirittura a scrivere nei cartelli appesi ai negozi “Vietato l’ingresso agli Ebrei”, oppure su una saracinesca si poteva notare la scritta “Negozio ebreo” e ognuno di loro portava cucito sulla giacca una stella gialla come segno di distinzione. Questo marchio determinò il destino di ogni singolo ebreo.

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la situazione peggiorò: furono costruiti numerosi campi di concentramento, tra questi Auschwitz, e in essi vennero deportati (da mezza Europa) e rinchiusi migliaia di Ebrei allontanati brutalmente dalle loro case; li attendeva un triste destino.

Ancora oggi possiamo leggere o ascoltare le testimonianze dei sopravvissuti, di coloro che hanno trovato il modo di dare parola agli eventi, al dolore e alle emozioni, fra tutti, forse il più noto è Primo Levi che nel libro “Se questo è un uomo”, scritto negli anni immediatamente successivi alla liberazione, narra la sua esperienza. “Noi abbiamo viaggiato fin qui nei vagoni piombati, non abbiamo visto partire verso il niente le nostre donne e i nostri bambini; noi fatti schiavi abbiamo marciato cento volte avanti e indietro alla fatica muta, spenti nell’anima prima che dalla morte anonima.” (da “Se questo è un uomo” ed. 1947 – 1958 ed. Einaudi). Coloro che sopravvivevano erano trattati peggio degli animali, vivevano in condizioni inumane, dormivano ammassati l’un l’altro e ricevevano un misero pranzo. “Guai a sognare: il momento di coscienza che accompagna il risveglio è la sofferenza più acuta. Ma non ci capita sovente, e non sono lunghi sogni: noi non siamo che bestie stanche… (…) Nel corso di questi mesi, su dieci di noi, sette morranno. Chi non morrà, soffrirà minuto per minuto, per ogni giorno, per tutti i giorni: dal mattino avanti l’alba fino alla distribuzione della zuppa serale dovrà tenere costantemente i muscoli tesi, danzare da un piede all’altro per resistere al freddo…” (da “Se questo è un uomo”)

Terribili sono le immagini dei sopravvissuti tra tutte si ricordano quelle scattate ad Auschwitz e divenute pubbliche dopo la liberazione del 27 gennaio 1945 ad opera delle truppe sovietiche dell’Armata Rossa; per la prima volta l’orrore del genocidio nazista veniva rivelato al mondo intero.

Un’altra autobiografia è quella di Elisa Spinger “Il silenzio dei vivi”, edito quasi cinquant’anni dopo la sua “scarcerazione”; quando la sua vita si era ormai normalizzata decise di non relegare al silenzio il suo dramma, ma di raccontarlo alle generazioni future, poiché è necessario che tutti sappiano e comprendano, per evitare che un orrore simile si ripeta e per riscattare l’onore e la memoria di coloro che l’hanno vissuto in prima persona. “Ho taciuto e soffocato il mio vero “io”, le mie paure, per il timore di non essere capita o, peggio ancora, creduta. Ho soffocato i miei ricordi, vivendo nel silenzio una vita che non era la mia; non è giusto che io muoia, portando con me il mio silenzio.”(da “Il silenzio dei vivi” Marsilio Ed. Venezia 1997).

Auschwitz ancor oggi simboleggia l’accaduto e rappresenta una parte cruciale della complessa storia della costruzione dell’identità europea; ci ricorda come il male assoluto sia potuto scaturire dal centro di un’Europa all’epoca orgogliosa dei suoi sviluppi tecnico-industriali, scientifici e razionali. Tutto ciò ci insegna come l’idea di nazionalità, di democrazia, possa tramutarsi nel suo opposto, in un nazionalismo che portò ad uno stato a partito unico, ovvero a un regime totalitario.

Tuttavia ancora oggi il messaggio non è stato recepito, ne sono la dimostrazione altri genocidi avvenuti in tempi più recenti: lo sterminio perpetuato dai Khmer Rossi contro gli oppositori del regime in Cambogia (1975-1979); i massacri del Ruanda (1994) tra gli Hutu e i Tutsi nel quale, in circa 100 giorni, vennero uccise migliaia di persone appartenenti alle due etnie; gli eccidi avvenuti durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina (1992-1995) dove, a causa di un’appartenenza etnico-religiosa diversa e di un desiderio di indipendenza dei popoli dell’ex Jugoslavia, ricomparsero le fosse comuni nel tentativo di nascondere l’accaduto.

Ed è recente un episodio di razzismo avvenuto negli Stati Uniti ai danni di una giovane donna e ascrivibile ad un “vecchio” fenomeno come il Ku Klux Klan, che proclama la superiorità della razza bianca o alcune tensioni registrate recentemente in Sudafrica, dove fino a pochi anni fa esisteva l’apartheid (separazione) tra bianchi e neri. Vanno segnalati, inoltre, anche il fenomeno del negazionismo e del neonazismo, che in questo periodo storico, per alcuni aspetti simile, sembrano ritrovare vigore e ottenere nuovi accoliti.

Dimenticare queste pagine nere della nostra storia non è accettabile, poiché gli eventi anche recenti dimostrano come il rischio che le discriminazioni degenerino in fatti gravi sia sempre presente.

Non è colpa né merito, nascere di religione ebraica, cattolica o protestante; nascere di razza bianca o nera. Siamo tutti figli di Dio, di un unico Dio, quel Dio che a me è stato negato e che, nonostante tutto ho sempre disperatamente, cercato!” (da “Il silenzio dei vivi”)
E’ giusto ricordare sia attraverso la conservazione dei luoghi sia con le testimonianze di coloro che hanno deciso di rompere il silenzio, “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.” (da “Se questo è un uomo”), anche se questo può voler dire affontare le proprie paure e il timore di non essere creduti o derisi, come hanno fatto i testimoni della Shoah. “Lo strazio più grande, in questi cinquant’anni e stato quello di dover subire l’indifferenza e la vigliaccheria di coloro che, ancora adesso, negano l’evidenza dello sterminio.” (da “Il Silenzio dei vivi”)

La storia è fondamentale, perchè oltre a riportare un susseguirsi di eventi, ha anche il compito di insegnare, di aiutarci a capire, affinché certe cose non accadano più. A volte troppe persone tacciono riguardo ai soprusi vissuti, invece ogni testimonianza è preziosa; serve per scuotere le coscienze, soprattutto quelle dei giovani, in quanto il futuro dipende da loro, perciò è importante far cogliere come alcune ideologie, pregiudizi, falsi miti, contesti socio-economici e politico-culturali possano portare facilmente su una “cattiva strada”. I giovani dovrebbero farsi promotori di un mondo in cui uomini e donne liberi, capaci e non schiavi della propria intolleranza o indifferenza riescano a far crescere la comprensione impegnandosi per la pace, l’integrazione e la cooperazione tra i popoli; e che siano in grado di combattere quelle tendenze che hanno originato condizioni di negazione dei diritti umani o che hanno portato a sacrificarli nel nome di una presunta ideologia.

Monica Crestan 5H

Antologia della Memoria realizzata dai ragazzi del Liceo Scientifico Grigoletti di Pordenone