C’è sempre un’aria densa, in una classe del liceo. Sarà la poltiglia di sogni e frustrazioni che ogni giovane si porta dietro, ma quell’aria ti pare quasi di poterla toccare, strizzarla tra le mani. Era parecchio che non passavo così tante ore con dei ragazzi, mi ero dimenticato come il tempo si compatti, come ogni minuto abbia il peso di un’ora, qualche volta di un giorno. Loro stanno modellando le loro vite, e per un attimo ne sei partecipe: le tue parole, i tuoi gesti saranno quasi sicuramente dimenticati, ma sai che per qualcuno potrebbe bastare il movimento di una tua mano a cambiare impercettibilmente il loro futuro. Quel gesto, quella parola potrebbe mutare chi sono, cosa saranno, come decideranno di interpretare il mondo. E ti senti straordinariamente inadeguato al compito.
Finisce poi che sei tu a uscirne cambiato, proprio tu che credevi che ormai la vita t’ha preso per quello che sei. Lo noti tu quel gesto, quell’occhio che se ne va da una parte dopo una tua affermazione, l’alzata di spalle di una ragazza poco dopo aver manifestato la grande ambizione della sua vita. Finisce che capisci un’ennesima volta quanto sia stupido convincerci che tutta quell’energia se ne va. Ecco cosa fanno ogni volta questi ragazzi, quando vado a trovarli in una scuola: mi ricordano che non siamo per niente diversi, che siamo tutti animali in movimento, e che muoriamo solo quando smettiamo di crederci.

Pietro Grossi