Lunedì Ore sette e dieci. Suona la sveglia e le gambe il solito macigno che devo ricomporre per alzarmi. E’ necessario che anche oggi mi alzi e senza lamento. Il sorriso dimentico, lontano, abbandonato indietro negli anni.

Così inizia un nuovo giorno. Un nuovo giorno senza luce. Senza Sorriso. Comincia un nuovo giorno e e devi essere pronta ad affrontare la vita, senza alcun lamento. Comincia un nuovo giorno ma non sai più chi sei, non conosci il tuo presente, nè il tuo passato. Hai solo una speranza: il futuro.

La protagonista del nuovo romanzo di Francesca Boari ” Piovono Sassi Dal Cielo” descrive attraverso queste poche, ma significative parole, il peso di un’esistenza che non è più sua, una vita non libera, una vita che la vede subordinata e umiliata giornalmente dal compagno.

La vicenda si snoda in sette giorni: lui è malato, gli resta poco: lentamente lui muore, ma trascina lei nel vortice del dolore: la condanna è di chi sopravvive. In questa settimana emergono le fatiche, le umiliazioni, l’infelicità della protagonista, che subisce costantemente violenza psicologica. Quando si dice “violenza”, si pensa subito a quella fisica, ma spesso la violenza fisica è l’estrema conseguenza di una violenza più sottile e subdola, ossia la violenza psicologica, o meglio lo stupro psicologico: Francesca Boari descrive una realtà spietata, senza alcun patetismo, ma questo non fa altro che rendere la vicenda, se possibile, ancora più veritiera. Quante donne si trovano nella stessa situazione della protagonista, senza avere la forza necessaria per combattere e rivoluzionare la propria vita? I numeri statistici non ci aiutano e forse non lo sapremo mai.

Nonostante il dolore e la de-personalizzazione, resta una flebile, lieve speranza: la speranza che il futuro possa essere migliore dell’orribile presente e del passato da dimenticare. Non ti  puoi arrendere e non solo per te stessa ma anche per tuo figlio, che c’è ed osserva tutto. E’ necessario salvarlo da questo inesorabile naufragio, che sta per stravolgere e sconvolgere tutto e tutti. Ma noi donne non affoghiamo, anzi nuotiamo ancora e ancora verso una nuova riva: come dice il regista Roberto Faenza nella prefazione del libro “atavicamente egoisti, noi maschi non sapremmo neppure lontanamente immergerci nello stesso spirito di abnegazione e rinuncia che pervade questa donna”.

Non si uccide solo con i gesti, ma molto spesso si uccide con le parole, i sottintesi: ecco dunque che il femminicidio di cui tratta Francesca Boari nella sua opera, diventa femminicidio della ragione.

Il libro della scrittrice apre un importante squarcio sulla condizione di moltissime madri, mogli, compagne, che oggi, in questo momento forse, pensano che la loro vita sia finita, inesorabilmente distrutta. Non è così. Resta sempre una piccola, indistruttibile, speranza.

Sara Hamado , Liceo Classico L.Ariosto, Ferrara

( I primi capitoli del libro possono essere letti su estense.com)