Pordenone è finalmente entrata a far parte della collana editoriale dedicata alle storie delle città italiane, curata da Giovanni Santarossa, che ha presieduto l’incontro enumerando le immense ricchezze del nostro Paese. Insieme a lui, l’autore Fulvio Comin ha presentato il suo ultimo libro al Palazzo Montereale Mantica, importante punto di riferimento nella storia del commercio del sale di Pordenone e posseduto dalla famiglia Mantica durante il XVII secolo. Attraverso numerosi aneddoti, lo scrittore ha ricostruito la storia della città a partire dall’incendio che la distrusse nel 1318. Definisce Pordenone “una città liquida”, poiché ha sempre saputo adattarsi alla storia per quanto avversa e vivace. Ha favorito fin dagli inizi l’immigrazione di mercanti e mestieranti in cerca di fortuna che fino al 1508, anno in cui è passata sotto la Repubblica di Venezia, hanno vissuto in una condizione di libertà. Durante il dominio asburgico infatti, la varietà di Pordenone stava negli stessi abitanti: ciarlatani, maghi, streghe… Nel momento in cui divenne feudo veneziano fu consegnata a Bartolomeo Galliano, il quale la resse per un solo anno; quando venne fatto prigioniero nella battaglia di Agnadello il potere passò nelle mani della moglie in attesa che il figlio Livio raggiungesse la maggiore età. Quest’ultimo decise di seguire le orme del padre diventando capitano di ventura e morì pochi anni dopo, lasciando la città nelle mani degli asburgici.
La storia di Pordenone porta con sé anche qualche vicenda divertente come quella di Pietro e l’asino Lorenzo: Pietro era un contadino che stava andando a vendere le fascine ai pordenonesi, quando d’improvviso l’asinello si fermò di fronte all’attuale caffè Nuovo, dove alcuni esponenti della borghesia stavano conversando. Pietro iniziò quindi a bastonare l’animale che fu immediatamente difeso dagli uomini seduti. Lorenzo accennò a un passo, quasi temendo che gli uomini passassero dalle parole ai fatti; il contadino, stupito, esclamò: “Se avessi saputo di tanti amici, non ti avrei toccato!”.
Gli autori affidano alle nuove generazioni la missione di conservare il patrimonio culturale e paesaggistico dell’Italia, valorizzandolo e promuovendolo al pubblico internazionale.
Emma Santin, Marta Atzei
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