Lo sapevi che Vladimir Putin ha vissuto fino ai trent’anni in una kommunalka, tipica abitazione sovietica in cui più famiglie condividono gli spazi? E che all’età di 13 anni ha chiesto di essere arruolato al KGB? Lo sapevi che Xi Jinping è stato costretto a vivere sei mesi all’interno di un fosso insieme alla sua famiglia? O che Donald Trump per vent’anni è stato un democratico? Per capire a pieno queste tre figure così tanto influenti del nostro tempo, abbiamo bisogno di conoscere il loro passato. Così ha spiegato Gennaro Sangiuliano, direttore del TG2 e giornalista, domenica 22 settembre al Capitol.

Vladimir Putin nasce nel 1952 a Leningrado e durante l’assedio nazista della cittá perde un fratello, il padre rimane senza una gamba e la madre subisce danni irreversibili; proprio per questo motivo, Sangiuliano gli assegna il soprannome di “figlio dell’assedio”. Dopo un’infanzia tragica riesce ad essere ammesso nella facoltà di giurisprudenza di Leningrado e, una volta laureatosi, entrare a far parte del KGB come sognava dall’età di tredici anni.

Donald Trump, invece, nasce nel 1946 da una famiglia di origine tedesca e fin da piccolo, al contrario del suo collega russo, vive modestamente: il padre si afferma tra i carpentieri e acquista importanza in questo settore; grazie allo stipendio del padre, riesce a frequentare una tra le migliori scuole di management e si laurea. Decide quindi di puntare tutto su New York, trova un albergo vicino alla Grand Central Station e lo rileva. Inizia così la sua fruttuosa carriera e la sua rapida ascesa verso il potere e la ricchezza, che il giornalista, nella biografia che gli dedica, definisce con lo pseudonimo “il sogno americano”.

“Il principe rosso”, come scrive Sangiuliano, è Xi Jinping, figlio di un generale cinese che accompagnò Mao in molte delle sue imprese. L’avere in famiglia un fervente sostenitore del partito comunista cinese è di fondamentale importanza per salire al potere.

Ciò che accomuna “il figlio dell’assedio”, “il sogno americano” e “il principe rosso” è il fatto che sono riusciti a comprendere i fermenti del popolo e farne un partito politico. Inoltre, come sottolinea il giornalista, questi tre leader mondiali hanno avuto ciascuno una risposta diversa alla globalizzazione: Putin ha cercato di ricostruire un’identità e una storia nazionale dopo gli avvenimenti che hanno scosso la Russia nel secolo scorso; Trump ha posto per primi gli americani con la sua celebre frase “America first!”; Jinping, invece, ha puntato di più sull’armonia del popolo cinese rispetto che alla democrazia dello stato.

Camilla Frara e Beatrice Manicone

Liceo Grigoletti di Pordenone