Un giovane insegnante inglese in viaggio dal Sussex alla Cambogia. L’inaspettata atmosfera poco mistica, gioco d’azzardo, uomini d’affari, prostitute, droga:questo il punto di partenza dell’intera vicenda. E’ una vincita al casinò che fa da innesco al cambio di identità del protagonista, è un falso certificato di morte a permetterlo ufficialmente.
Dedicato al pittore Vann Nath, il romanzo “Cacciatori nel buio” (Adelphi Edizioni) di Lawrence Osborne delinea i caratteri fondamentali del genocidio cambogiano avvenuto nella seconda metà degli anni ’70. Lo stesso autore ha presenziato infatti al processo dell’impassibile Capo della prigione 21, descrivendolo poi sorridente anche di fronte alle famiglie delle vittime: solamente sette i sopravvissuti a questo campo di prigionia, tra cui l’artista salvato dalla sua capacità di ritrarre il leader Pol Pot in uno dei suoi quadri. La disumanità di tale avvenimento emerge in primo luogo dalle coscienze di bambini soldato orgogliosi di sterminare gran parte della popolazione. “Questo paese è un circo del genocidio”: così un dottore, all’interno del romanzo, definisce la Cambogia, densa di una criminalità dall’impronta illuministica.
Anche il protagonista è riflesso di una persona realmente esistita. Si riferisce infatti al figlio di un amico dello scrittore, scomparso una volta varcato il confine del Paese; tutt’ora sono in atto le ricerche nonostante di lui non si abbiano più notizie.
Sono proprio queste informazioni a perdersi nel buio, nell’oscurità che pervade i cuori e le menti di quelle persone, come l’umanità è svanita durante questi anni di terrore e ingiustificata crudeltà.
Ferra Veronica e Beccherle Filippo
Liceo Scientifico M. Grigoletti, Pordenone
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