Oggi, giorno di inaugurazione della trentunesima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, si é tenuta una conferenza alle ore 13 all’interno del padiglione 2 nella Sala Professionali. Durante l’ incontro si é parlato della traduzione della letteratura della diaspora. Bisogna preliminarmente capire da dove derivi e che cosa significhi questa etichetta apparentemente complicata; il termine deriva dal greco e letteralmente significa ” dispersione” e si riferisce al fatto che delle popolazioni si ” disperdano” per il mondo allontanandosi dalla loro sede di origine, ma nel caso specifico di questo incontro il termine indicava coloro che per motivi politici, religiosi o lavorativi vivono lontano dal loro luogo di nascita e scrivono nella lingua del paese dove soggiornano. Tutto questo porta ad avere dei testi in una lingua che però contengono in sé diverse influenze della lingua madre dell’autore.
La conferenza é stata tenuta da tre traduttori: Fabio Cremonesi che come traduttore dal tedesco ha parlato riguardo a questa lingua. Cremonesi si é soffermato sul fatto che esistono diversi tipi di immigrazione letteraria in Germania, poi si é concentrato su un’autrice in particolare ossia l’argentina Maria Cecilia Barbetta che é stata pubblicata in Italia dalla casa editrice Keller. Barbetta utilizza meccanismi come giochi di parole e assonanze che risultano evidenti solo per qualcuno che non ha come lingua d’uso il tedesco. La traduttrice dal russo Claudia Zonghetti ha detto una curiosità sulla traduzione che ha colpito molti, cioè che i nomi dei cibi non vengono tradotti perché in un libro non potendo sentire l’odore o il gusto si da molta importanza all’udito. La terza traduttrice, questa volta dal francese, Yasmina Melaouah ha parlato invece degli autori ospiti francesi affermando che con la sua esperienza ha notato una caratteristica comune fra questi ovvero che utilizzano una lingua molto marcata stilisticamente e una fortissima letterarietà come se tutto ció che rimanda alla fluidità come lingua d’uso fosse per loro assente.
Ed ecco che Melaouah ha cosi descritto l’infinitivamente grande e l’infinitavamente piccolo della letteratura; il primo riguarda il mettere a confronto culture diverse e a trasportare ” l’ospite” da una letteratura ad un’altra attraverso una traduzione contenuta in una pagina rappresentata dall’infinitivamente piccolo.
Ceresero Elisabetta, Raffa Ludovica
Nessun commento
Non ci sono ancora commenti, ma tu potresti essere il primo a scriverne uno.