Oggi al Salone del Libro nella Sala rossa del padiglione 1 c’è stata un’accesa arringa contro l’uso sbagliato, molto diffuso, del “piuttosto che”. La discussione è tenuta da Valeria Della Valle, docente di linguistica italiana alla Sapienza di Roma, e Giuseppe Patota, docente di storia della lingua italiana all’Università di Siena e membro della giuria del Premio Strega.
Tale tema viene affrontato in modo serio e convinto, ma a tratti anche scherzoso.
Gli usi corretti di questa espressione sono quelli con valore avversativo e comparativo, NON quello disgiuntivo (ovvero al posto di “o”). Questo argomento ha scatenato il riso dei partecipanti alla conferenza poiché i protagonisti degli strafalcioni più esilaranti sono proprio i nostri politici, persone più esposte e famose, come Michela Vittoria Brambilla, Maria Stella Gelmini, Francesco Profumo “piuttosto che” Roberto Saviano. In origine l’espressione non era univerbata come oggi: Brunetto Latini ne La retorica scrive “più tosto che”, la quale etimologicamente vuol dire “più rapidamente”; veniva usata ancora separata da Gabriele D’Annunzio e Luigi Pirandello. Nonostante l’importante ruolo della televisione negli anni ’50 per la diffusione della lingua italiana, l’accezione scorretta , in ambienti d’elitè, viene usata negli anni ’80 proprio da conduttori e giornalisti. Alla conclusione della conferenza però gli ospiti ci tengono a sottolineare il carattere un po’ parodico del loro libro Piuttosto che, le cose da non dire, gli errori da non fare e la loro “tolleranza” nei confronti delle persone che non hanno ricevuto un’istruzione adeguata, ma la loro “intolleranza” verso quelle persone che fanno della lingua italiana il loro lavoro. Francesca Bono e Marina Maina Redazione Alfieri
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