Insieme ai ragazzi che mi hanno adottata ho trascorso sei ore. Tre incontri di due ore. Al termine dell’ultimo, ho pensato: “Peccato che siano stati soltanto tre. Avrei voluto incontrare ancora questi ragazzi”. Ci vedremo al Salone il 22 di maggio, certo, in occasione dell’incontro finale con le altre classi, tuttavia non sarà la stessa cosa. Non potrò più guardarli negli occhi a uno a uno.
Mi sono impegnata per riempire queste sei ore preziose di stimoli diversi e intensi. Prima di essere una scrittrice, sono un’insegnante e sono consapevole di quanto i ragazzi di oggi fatichino a stare fermi ad ascoltare. Non volevo che rimanessero fermi. Volevo che si muovessero, anche se lo spazio a disposizione era quello della solita aula. Per movimento intendo coinvolgimento attivo: cervelli accesi, cuori saltellanti, mani attive nella scrittura. E speravo di vedere, negli occhi di almeno uno di loro, quella luce speciale che prende vita quando un ragazzo intelligente e curioso sta ascoltando qualcosa di interessante.

In sei ore ho spiegato come si può scrivere un buon racconto. Ci siamo ispirati al tema del Salone, “Oltre il confine”; ognuno l’ha declinato in modo personale e secondo generi narrativi diversi. I ragazzi hanno letto un libro che ho scritto e poi ne abbiamo parlato. Ho portato con me una valigia contenente altri libri adatti alla loro età; un paio di classici e diversi romanzi di narrativa contemporanea: libri giusti per loro. Ci siamo divertiti a leggere ad alta voce, come dei veri attori, scherzando anche un po’. Abbiamo giocato con la scrittura e con nuove idee per nuove storie, che potrebbero nascere.
Poi è suonata l’ultima campanella. Io stavo leggendo ad alta voce il racconto che aveva scritto Caterina. Qualcuno ha provato ad alzarsi, ma un compagno ha intimato con voce seria e severa: — Fermi, voglio sentire come finisce!
Ecco, per me quello è stato il momento più bello.
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Sabrina Rondinelli