Massimo Recalcati, noto psicanalista e scrittore, è stato ospite oggi al Salone del Libro per fare riflettere il pubblico sul tema del sacrificio.
Ha cominciato distinguendo la dimensione simbolica del sacrificio dalla sua perversione. Ha scelto come esempio del primo caso i momenti iniziali della vita di un neonato: il taglio del cordone ombelicale e la separazione dal seno della madre, momenti semplici che portano alla crescita. Per il secondo caso, anche definito come “fantasma sacrificale”, si intende una condizione prettamente umana ed estranea agli animali, che rende la nostra vita tragica e dominata dalla negativitá. Infatti, gli animali vivono “una vita colma di vita”, priva del sentimento della morte, a differenza degli umani che sono coscienti del loro destino.
In seguito, Recalcati ha definito due anime del sacrificio. La prima, l’anima morale, è quella che persuade gli esseri umani a non inseguire la propria libertà. Questo concetto viene rappresentato dalla figura del cammello, animale da soma che vive costantemente schiacciato da pesi, proprio come coloro che, invece di addentrarsi nel “mare aperto” della libertà, decidono di rimanere nei loro confini e sacrificano la vita per il dovere. Il cammello infatti, come sostiene Nietzsche, non é un tipo d’uomo, bensì una tentazione propria dell’uomo, il quale non desidera la libertá, secondo Freud. Il genere umano possiede la tendenza ad incatenarsi, un culto perverso del sacrificio, in quanto la vita singola viene spesso reputata sacrificabile in nome di una “causa”: un esempio eclatante di ciò fu il fascismo o il nazismo. La domanda da porsi non è ”perché le masse non si opposero al fascismo?”, ma ”perché le masse hanno desiderato il fascismo?”. Nella figura dell’ariano possiamo vedere l’esempio del sacrificio, un uomo pronto ad abbandonare la sua individualità in nome della causa, ovvero la Grande Germania.
La seconda anima del fantasma sacrificale, quella economica, consiste nel sacrificio di un oggetto materiale, spesso di valore, per guadagnarsi il favore della sorte in un momento di crisi o di sfortuna.
Questa propensione a sacrificarsi che l’umano possiede é ulteriormente rafforzata da una lettura colpevolizzante del logos biblico, che impone ai fedeli di rinunciare alla propria vita, considerata un niente, soltanto polvere, al fine di avere un’altra vita piena in futuro, e mirando quindi ad un risarcimento. Recalcati trova quindi un ”filo rosso” connettore tra la psicoanalisi e le predicazioni di Gesú Cristo: attraverso varie parabole Cristo, e una minoranza di fedeli ”antisacrificali”, rifiuta il sacrificio, concentrandosi sulla donazione, esperienza spesso confusa con la prima ma in realtá ben diversa. Nella donazione non é presente l’obiettivo di ottenere un risarcimento, la gratificazione proviene dall’atto della donazione stessa. Mentre spesso siamo dell’opinione che la vita sia ”una croce” e che si salvi chi riesce a portala, l’autore pensa che la crocifissione di Cristo simboleggi la morte del sacrificio, un processo di donazione per liberare la vite dal fantasma sacrificale.
Un’altra convergenza tra psicoanalisi e cristianesimo antisacrificale si ritrova nel pensiero di Agostino, che sostiene che se si fa un atto di bene solamente per secondi fini, allora non si fa il bene.
Successivamente, Recalcati ha esplorato il rapporto tra desiderio e legge, che sono in antitesi. L’oppressione della legge, peró, aumenta il desiderio di trasgredire le regole imposte da essa.
Infine lo scrittore ha concluso l’incontro ponendo una domanda al pubblico riguardante il bene e il male: ”Avete voi agito in conformità col desiderio che vi abita?”. Infatti, il vero peccato é la trasgressione del desiderio: coloro che si sono sacrificati maggiormente non hanno diritto alla salvezza, che é invece garantita a chi risponde alla ”Chiamata”, ovvero alle proprie ambizioni e alle proprie vocazioni.
Simona Babbi e Federica Sossella
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