Una voce calda e avvolgente trasporta l’ascoltatore all’interno di quella che sembra una chiacchierata tra vecchi amici in un piccolo salotto confortevole.

Paolo Bertinetti, anglista torinese, intervista Salman Rushdie, celebre scrittore indiano emigrato negli Stati Uniti. I due si conobbero più di vent’anni fa, nel 1999, ma nonostante il tempo passato, i due sono apparsi ai nostri occhi felici di ritrovarsi insieme in questo evento: il tono è colloquiale e ciò mette l’ascoltatore a proprio agio.

Rushdie ospite al Salone, seppur virtualmente, presenta il suo ultimo libro, Quichotte, da poco pubblicato.

Si tratta di un metaromanzo, che intreccia le storie di Sam DuChamp, scrittore mediocre di spy stories, e il personaggio da lui creato, Ismail Smile, un povero venditore farmaceutico e viaggiatore. Il libro quindi immerge il lettore all’interno di due realtà completamente diverse, l’una all’interno dell’altra, che si sviluppano parallelamente durante la narrazione del romanzo e che ne compongono così la struttura centrale. La tecnica utilizzata da Rushdie inizialmente non era prevista, ma un giorno lo scrittore si è ritrovato a realizzare quest’altra narrativa: in un primo momento non pensava potesse avere un posto in questa storia, ma in seguito le due narrazioni hanno cominciato ad intrecciarsi in modo unico e lo stesso Rushdie ha detto durante l’incontro che questi due personaggi e le loro vite si illuminavano a vicenda ed erano quindi destinate a completarsi per imparare l’una dall’altra.

Il libro racconta di due tipi d’amore provati da Ismal: quello per il figlio Sancho, che fa accenno all’amore padre-figlio che ritroviamo nell’omonima fiaba di Collodi Pinocchio proprio con i due personaggi Geppetto e Pinocchio; e quello per una diva di Bollywood, Salma R, di cui si è perdutamente infatuato, trasferitasi però in America. È importante inoltre sottolineare che il primo amore descritto nel libro tra padre e figlio, è strettamente legato all’amore romantico per Salma R; il primo di questi infatti è un qualcosa di immaginario, ovvero rappresenta in realtà il viaggio che Ismail compie per raggiungere la donna di cui si era perdutamente innamorato in America e non solo, rappresentando anche le innumerevoli lettere che il protagonista le scrive per conquistarla e provarle il suo grande amore attraverso questi gesti cavallereschi.

L’emigrazione è un altro tema importante del libro, particolarmente caro all’autore stesso: Rushdie infatti, nato in India, ha vissuto nel Regno Unito e poi, negli ultimi vent’anni, in America. Ismail, come ogni migrante, vede l’America come una terra scintillante e piena di promesse, il luogo in cui finalmente ha la possibilità di realizzare i suoi sogni.

Rushdie sostiene che i migranti siano “come dei semi disseminati sulla terra, dai quali nascerà una nuova vita”, e specifica come lui stesso sia ancora legato ad ognuno dei Paesi in cui ha vissuto.

Durante l’intervista l’autore ha sottolineato come nei suoi personaggi abbia inserito un proprio tratto caratteriale, amplificandolo ed estremizzandolo, contribuendo così a renderli unici e inimitabili.

La conferenza ha trasmesso agli ascoltatori un sentimento di speranza e positività. Con le sue parole Rushdie si è dimostrato un vero “cittadino del mondo”, esprimendo in modo particolare la sua ammirazione per il nostro Paese e per la città di Torino. L’autore dall’animo ottimista conclude la piacevole conversazione augurandosi di poter presto tornare a parlare con tutti noi al Salone durante una futura edizione, che si spera avvenga il prossimo anno non più via streaming.

 

Irene Peresson, Arianna Cozzarini

Liceo Scientifico M. Grigoletti, Pordenone