Il Salone ti dà tanto e ti chiede tanto.

Quando ti trovi sul fatidico treno, direzione Torino, sai semplicemente che dovrai assistere agli eventi del Salone del Libro e scrivere articoli per il Bookblog.

È solo quando ti svegli il giorno successivo che realizzi che è tutto vero, che sei in una nuova città e che quella che ti attende è in tutto e per tutto un’avventura.

La prima sfida è sicuramente trovare il Lingotto, solitamente, dopo aver sbagliato entrata un paio di volte, arrivi all’ingresso alle otto e cinquantotto precise e, convinta di essere in largo anticipo, guardi con nonchalance l’orario, realizzando tutt’a un tratto di essere disastrosamente in ritardo. Subito le perentorie parole di Popi cominciano a martellarti nella testa: ‘Domattina riunione di redazione alle nove. Puntuali, mi raccomando’. Improvvisamente vieni assalita da un misto di ansia ed adrenalina. Ti fai strada in un Salone deserto, pregando di non perderti: hai i secondi contati. Nessuno vuole far arrabbiare Popi.

Per i pochi che ancora non lo sanno, Popi è la colonna portante del Bookblog, punto di riferimento per tutti i bookbloggers, vecchi e nuovi. In poche parole senza Popi non ci sarebbe il Bookblog.

Alla fine, non si sa né come né perché, varchi la soglia del Bookstock alle nove precise e puoi rilassarti, ma ancora per poco. Entro le dieci devi essere alla Sala Gialla, sgomitare tra la folla per trovare un posto e assistere al tuo primo incontro.

Tutto tranquillo, per adesso, si sa che il Salone si anima dalle undici del mattino, ma tu per quell’ora sarai al sicuro nella redazione a scegliere le parole adatte per scrivere l’articolo più curato della giornata: il primo.

Per questo pezzo impiegherai dalle due alle due ore e mezza, poi deciderai di alzarti e perderti tra i padiglioni per un periodo indefinito di tempo.

E solo cinque minuti prima dell’incontro successivo alzerai gli occhi dal libro che hai in mano e ti renderai conto che, per un qualche risvolto inaspettato della legge di Murphy, ti trovi esattamente nel punto più lontano rispetto a quello in cui dovresti essere.

Ormai hai seguito due incontri ad orari improbabili, sono le tre di pomeriggio, sei così affamata che mangeresti anche un libro. Per fortuna hai il tuo fedele buono pasto, infili una mano in tasca aspettandoti di sentire l’agognato pezzo di carta, ma niente, l’hai perso, o forse non te l’hanno mai dato.

Corri in redazione, lo vedi – sospiro di sollievo -, lo avevi solo dimenticato alla tua postazione, finalmente si mangia.

Un attimo di respiro.

Peccato che siano già le tre e un quarto. Fai un breve calcolo: cinque minuti per arrivare, tre per convincere il responsabile a farti saltare la fila e sederti, hai esattamente sette minuti per mangiare un panino più grande di te. Puoi farcela. Lo mandi giù tutto d’un fiato: non c’è spazio per il bon ton al Salone, ma attenzione alla maglia del BookBlog, non puoi permetterti di sporcarla, ne hai solo una e ti deve bastare per quattro giorni.

Sei arrivata, puoi finalmente entrare, trafelata schivi le lamentele di chi in fila ci è stato e anche per parecchio ed effettivamente ti senti un po’ in colpa. Poi torni subito in te, non è il momento di lasciarsi prendere dall’empatia: se ti hanno dato un pass c’è un motivo. Sei una vera giornalista, tu.

Finalmente puoi sederti e scegli un posto laterale, non troppo avanti né troppo indietro, perché si sa, i veri reporter fanno così. L’incontro comincia, durerà un’oretta, e tu e la tua compagna – che nel novanta percento dei casi sarà più organizzata di te – avete tutto il tempo per prendere appunti.

Sei quasi certa che non dovrete fare l’intervista, ma per sicurezza ricontrolli il programma che Popi ha mandato via Whatsapp una e una sola volta il primo giorno. E con tuo profondo disappunto scopri che l’intervista c’è. Manca un quarto d’ora alla fine della conferenza e tu sei appena entrata nel panico. Invano la tua compagna, vagamente più calma, tenta di tranquillizzarti, ormai la reazione a catena si è innescata: bisogna pensare alle domande e trovare una telecamera.

Smarrita mandi messaggi chiedendo che un cameraman venga in vostro soccorso, ma in fondo speri che non ce ne sia nessuno disponibile. Invece uno è già arrivato ed è lì apposta per voi.

Non hai scampo. Sei faccia a faccia con la tua più grande paura: l’intervista.

Scrivi qualche appunto e ti prepari psicologicamente, l’incontro è finito: è il vostro momento.

Ti fai largo tra la folla e intercetti l’autore, con le mani che tremano e la voce rotta chiedi la disponibilità per rispondere ad ‘alcune domande’. ‘Volentieri’ ti viene detto e quindi si può procedere. Nella tua testa ripeti un mantra: “Buongiorno, siamo le ragazze del BookBlog e siamo qui con…”. Non puoi sbagliare, non vuoi diventare la nuova star de ‘Le perle’ che, per chi non lo sapesse, è la compilation degli errori di tutti i bookbloggers raccolti nel video più atteso dalla redazione.

L’intervista è andata bene, alla fine, o almeno ne sei convinta finché non ti rivedi su Youtube.

Il peggio è passato comunque e ora non resta che scrivere.

Quando varchi la soglia del Bookstock realizzi, ogni giorno come la prima volta, che è qui che avviene la magia: subito ti senti una parte di quel caotico, sorprendente, meraviglioso mondo che è la redazione. C’è sempre qualcuno, in redazione, c’è sempre qualcuno che si confronta con qualcun altro, c’è sempre quella collaborazione disinteressata che riempie il cuore.

Difficile spiegare il Salone a chi non l’ha mai vissuto, perché il Salone è pregare il responsabile della REAR di lasciarti un posto nella Sala Rossa ed assistere ad un meraviglioso Luciano Canfora, è emozionarsi con le parole di Luis Sepúlveda senza sapere che purtroppo non ti capiterà di nuovo, è ascoltare Popi durante la ‘riunione di redazione’, è percepirsi in un nuovo orizzonte.

Proprio così, il Salone è tutto questo e quando, per l’ultima volta, ti lasci alle spalle il Lingotto, sai che quello non è un ‘addio’ e neppure un ‘arrivederci’ perché sei consapevole, fin da subito, che un’esperienza come questa sarà con te ovunque tu vada. Per sempre.

Maria Guandalini, Bookblogger per caso, galeotta per scelta

Liceo L. Ariosto, Ferrara