“Il giornalismo è fonte di informazioni, è un mezzo con il quale possiamo comunicare, rivelare cose che vengono tenute nascoste e abbattere muri e confini. Infatti, se non ci fosse stato il giornalismo, probabilmente gli ospedali psichiatrici in Italia non sarebbero mai stati chiusi.” Questo è sicuramente il motivo principale che ha portato Pier Maria Furlan a raccogliere, nelle 419 pagine del libro “Sbatti il matto in prima pagina”, più di 1000 articoli: articoli che, analizzando la situazione obbrobriosa dei manicomi di mezza Italia, hanno costituito un importante pezzo di storia del nostro paese.
Oggi, al Caffè letterario del Salone del Libro, oltre a Furlan, che presentava il suo libro, erano presenti per narrare le loro esperienze anche altri giornalisti: Franco Giliberto ha infatti raccontato i 4 giorni che ha trascorso in manicomio, fingendo di essere matto; Gianmaria Ajani il suo servizio civile presso un’associazione per la lotta contro le malattie mentali. Dalle loro testimonianze è emersa una situazione di degrado, mancanza di ogni diritto -da cui l’appellativo di manicomi “Lager”- coperta e celata per decenni: i matti erano temuti, considerati incapaci di intendere e volere e torturati; i manicomi erano costruiti – si pensava -per il bene della società più che per il loro.
Una visione purtroppo presente in parte ancora oggi, poiché il disturbo mentale -non una malattia, come ci tiene a precisare Furlan- continua a scatenare paura, anche se dalla cosiddetta “filosofia di custodia” si sta cercando di arrivare ad una di “cura”. Il libro non vuole infatti essere un libro di ricordo quanto un monito: “l’era dei manicomi può essere dietro l’angolo”. Per quanto le diversità siano diverse i contenitori e i muri continuano ad essere gli stessi. Sta a noi scegliere di abbatterli.
Gaia Olocco e Gaia Pignata
Liceo classico Vittorio Alfieri
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