Venerdì 11 aprile si è svolto il secondo incontro con lo scrittore Alessandro Defilippi. Il libro di cui si è discusso questa volta è “La paziente n.9”, ultimo romanzo dell’autore. Si tratta di un thriller ambientato in un manicomio vicino a Genova nel 1942.

L’incontro però è iniziato con una domanda di Lorenzo che voleva approfondire un argomento affrontato la volta precedente: la teoria di Hegel sulla quantità e la giusta misura e il riconoscimento come bisogno primario dell’uomo. In seguito si sono succedute domande all’autore da parte di noi studenti, sia sul romanzo che su altri argomenti; eccone alcuni esempi:

Yuliya ha chiesto se riconosce valore alla ricerca scientifica. La risposta è stata sì, anche se le scoperte scientifiche possono essere usate bene o male, da ciò siamo andati a parlare del bene e del male in generale.

Una domanda di Lorenzo ha aperto il discorso legato alla schizofrenia (malattia di cui soffre un personaggio del romanzo) e che l’autore nella sua veste di psicoanalista conosce bene.

Un ulteriore quesito è stato quello posto ancora una volta da Yuliya: come si scrive un romanzo?

L’autore ci ha raccontato come avviene per lui: sente una musica, un odore o vede un’immagine che gli fa venire in mente qualcosa; comincia così a scrivere, senza sapere se ciò che sta scrivendo è l’inizio o la fine della storia. Un libro funziona quando i personaggi cominciano a fare qualcosa di inaspettato; in ogni caso un libro è un mix di ispirazione e lavoro.

È poi intervenuto Marco chiedendo quanto ha influito la sua esperienza professionale di psicoanalista sul suo lavoro di scrittore. La risposta è stata che sicuramente ha avuto influenza, la pazzia è un tema spesso presente nei suoi romanzi, ma sicuramente il maggior influsso è legato alle “ghost stories” ottocentesche.

Da qui il discorso è proseguito discutendo sul perché ci sono alcuni personaggi come licantropi, vampiri o mostri che diventano parte dell’immaginario collettivo: perché sono diversi da noi, ci appaiono come qualcosa di lontano ma anche di simile a noi (secondo Umberto), perché ci appaiono come qualcosa di misterioso e l’uomo è sempre attratto dall’ignoto (è l’opinione di Gualtiero).

Il discorso si è dunque spostato a considerare la differenza tra enigma (ha una soluzione) e mistero (non ha una risposta, possiamo solo percepirlo). La scienza non può spiegare tutto, noi ci avviciniamo al mistero attraverso il simbolo.

Nel romanzo “La paziente n.9” sono presenti simboli: l’occhio e la figura dell’angelo.

L’incontro si conclude con un’ultima domanda da parte di Yuliya: “Crede nei fenomeni paranormali?”. La risposta: “Vorrei, ma non sono mai stato testimone di nulla che potesse essere ritenuto tale.” Anche in occasione di questo secondo incontro il giudizio di tutti è positivo: abbiamo avuto modo di discutere e riflettere su molti argomenti diversi e interessanti, passando ancora una volta dalla letteratura, alla psicoanalisi, alla filosofia ecc.

Attendiamo il prossimo appuntamento!!

III chimici