Se pensate che lo scrittore Gyan Prakash abbia voluto con il proprio libro ” La città color zafferano” darci la ricetta per un risotto perfetto, siete fuori strada! Il libro è stato presentato oggi al Festival Internazionale a Ferrara.
Lo zafferano non è solo una spezia, ma anche una sfumatura del rosso, che tinge le bandiere del partito fondamentalista Indù, il quale sostiene una pericolosissima equazione: solo chi appartiene alla religione dominante è da considerarsi cittadino a pieno titolo.
L’autore, traendo spunto da due episodi realmente accaduti, ha voluto parlarci di come Bombay, da grande città cosmpolita che ha sempre ospitato le più diverse culture, sia potuta arrivare ad un punto in cui queste stesse etnie si dichiarano guerra tra loro. Si tratta, in entrambi i casi, di processi: il primo per un uomo che, sorpreso fuori dalla propria abitazione, è stato ucciso senza particolari e chiare motivazioni; il secondo nei confronti di un comandante della marina che, scoperto il tradimento della moglie, si è recato a casa del suo amante, uccidendolo con tre colpi di pistola.
I processi hanno fatto sì che si diffondesse l’opinione comune che non si fosse trattato di sanguinosi atti cruenti, bensì di opere di bene, a favore del popolo.
Donne in tribunale baciavano, con i loro rossetti rossi, i fazzoletti e li lanciavano all’uomo che aveva “così punito” l’amante della traditrice, supplicandolo di prendere loro come mogli, anziché lei. La vittima, infatti, faceva parte di una etnia mal vista dalla maggioranza che, anche sopportata dalla stampa, aveva indotto i popolo a ritenere l’omicida come, piuttosto, il proprio eroe, salvatore, protettore, difensore di tutta la comunità.
Bisogna, quindi, andare a fondo, fare cioè una vera ecografia dell’accaduto come bravi ed abili radiologi ed è questo l’intento dell’autore, poiché “al giorno d’oggi gli scrittori non riescono a trasmetterci come veramente è percepita la realtà in questa città, ci sono ormai troppi libri che, raccontando un fatto, scelgono di non scendere mai nella vita quotidiana delle persone che la abitano”.
“Si critica solo chi si ama” dice Gyan. Il libro manifesta una perenne critica che a volte si trasforma addirittura in insofferenza, mossa proprio dall’affetto dell’autore nei confronti della megalopoli indiana che, nonostante sia erosa da questo clima di paura, continua ad affascinarlo.
“Per salvarla, non taccio minimamente nessun problema di questa città”, proprio come Dante nella Divina Commedia colpisce ripetutamente e addirittura maledice la città di Firenze che tanto ama.
Per città moderna Gyan Prakash ha in mente l’idea di una società compatta, non basata solo sui legami di sangue ma aperta e multietnica e che ospita “molte culture diverse che insieme creano qualcosa di nuovo”. Ma purtroppo questa, definibile forse quasi come utopia, si scontra con la “zafferanizzazione” della cultura e dell’istruzione sostenuta dai fondamentalisti. Lo zafferano che inizialmente sarebbe dovuto essere il colore che meglio rappresentava il coraggio è oggi diventato emblema di discriminazioni sociali e inutili spargimenti di sangue.
Chiara Cavazza e Caterina Marzocchi
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