Ore 20.10 su Radio 3 suite le voci di Flavia Mastrella e Antonio Rezza che hanno accompagnato gli ascoltatori  verso la fine del primo giorno di questo  Salone del Libro Extra.

Due figure di spicco del teatro italiano, artisti sperimentatori che portano sul palco temi significativi del panorama contemporaneo, dell’uomo nella sua componente più naturale ed universale.

Lei, con le sue scenografie e strutture dietro le quinte, crea una realtà in cui Lui, con l’intera sua persona, dovrà immergersi e dar vita ad esse. Vincitori del Leone d’oro alla carriera per il Teatro 2018 questa sera hanno usato un’altra modalità per entrare in contatto con le persone: da un palco che permette il coinvolgimento dei cinque sensi, sono passati ad innescare solo uno di questi: l’udito.

Ciò non ha limitato i due artisti a coinvolgere gli ascoltatori grazie alle domande di Riccardo Giagni.

Il bandolo della carcassa è titolo che viene suggerito da Flavia per questa intervista che mette in luce le difficoltà contro cui il Teatro e tutte le arti stanno lottando in questo periodo che non permette agli uomini di “nutrirsi” di arte.

Antonio Rezza lancia il suo monito per salvare il teatro come rituale: riaprire solo nel momento in cui questo possa ritornare nella sua unicità e nella sua completezza, perché “l’energia non può avere dei vuoti”. Rezza pone l’accento sul dover riaprire solo nel momento in cui vi sia un pubblico numeroso, con il quale avviene un incontro, definito da Mastrella, “carnale”. La fisicità è essenziale, non si può essere distanti con il pubblico.

Le arti, ma soprattutto il teatro, forniscono una via di fuga dalla vita reale; il teatro così classico e allo stesso tempo così conforme alla contemporaneità rende ogni rappresentazione irripetibile nel suo genere. L’energia che fluisce dagli attori in scena, la trepidante attesa che diventa emozione che sembra evaporare dagli spettatori, riempiendo l’intero ambiente e creando un’aurea di misticità e di atemporalità nella quale ci si perde per un attimo, lasciandosi trasportare dalla storia che nonostante sia rappresentata porta lo spettatore a viverla in prima persona.

La magia del teatro, una così antica arte, si ritrova in questi giorni in crisi. Flavia racconta che tale decadenza ha investito il teatro ben prima che il virus eliminasse ogni possibilità di riunione. Ciò spaventa perché si rischia di perdere quello che il teatro può garantire di incomparabile e di inconfondibile, qualcosa che le altre arti non potrebbero fornire.

Antonio continua nel sottolineare la mancanza di disposizioni adeguate per le regie tra gli attori facendo un confronto con il pressing che la realtà calcistica sta facendo al governo; in entrambi i mondi vi è la necessità di contatto, solo che il dialogo con uno di questi sta procedendo, per l’altro mondo purtroppo no. Vi è un’”incapacità della politica di dialogare con l’arte”, si rischia di toglierle la sua competenza tecnica e di spogliarla del suo virtuosismo che la rende unica.

Si percepisce una provocazione verso chi parla con troppa facilità su come “fare teatro” e di come gli artisti vengano relegati nella categoria di coloro i quali “facciano divertire”. Le parole usate sono fredde e rendono il giudizio rotondo su cosa siano le arti. Ma l’arte non è solo questo.

L’arte è saper emozionare, l’arte è saper coinvolgere, far vivere nuove realtà, far correre la fantasia e perdersi in essa. E’ una libertà che tutti possiamo avere, ma che poco viene utilizzata anche a causa dei pochi luoghi che permettono questo viaggio. Il teatro è uno di questi. E’ un luogo di ritrovo per coloro che vogliono vivere un momento diverso, fuori dalla routine, chissà con quale compagnia, chissà in quale realtà…

Anna Di Garbo,

ex studentessa del Liceo Ariosto, Ferrara