Demos, Democrazia, Popolo

In occasione di Ianus, il festival della cultura classica che si terrà prossimamente a Torino, il filosofo e politico italiano Massimo Cacciari ha tenuto una lectio magistralis sul ruolo dei classici latini e greci all’interno della nostra collettività. L’obiettivo dell’iniziativa consiste dunque nello stimolare studenti e cittadini all’accostamento ai testi della nostra cultura. La società odierna è infatti strettamente dipendente dalle culture da cui discende e non può prescindere da esse: abbiamo bisogno di capire e rigenerare i classici per comprendere il nostro presente. La lettura del classico risulta indispensabile quando si parla di democrazia, parola su cui si fonda il nostro vivere quotidiano. Questa deriva dalla fusione dei termini greci demos e kratos, popolo e potere, potere del popolo. Non bisogna però trascurare la differenza fondamentale che separa nettamente il demos greco dal popolus latino, di cui il primo indica una entità caratterizzata da stretti ed intimi legami di sangue e di terra (si tratta quindi di membri di una stessa famiglia), mentre l’altro fa riferimento (come secondo l’editto di Caracalla) all’obbedienza di tutti i cittadini alla legge comune romana che ha come fine l’utilitas, il vantaggio individuale: da qui si genera l’idea di res publica, fondamento dell’identità del popolo romano.

La democrazia getta le sue fondamenta nell’Atene del V secolo a.C., quell’Atene in cui Pericle ha pronunciato il suo discorso ai morti in battaglia, che ritroviamo nell’Epitaffio di Tucidide, in cui giustifica ed elogia il predominio del suo popolo su tutti i greci in quanto composto da tutti filosofi (philosophunte) amanti del bello . È questa l’unica possibile manifestazione di democrazia, il dominio di un popolo che ami sophia e kalos, che sia curioso di sapere e apprendere tramite la propria ragion critica per sua stessa indole, che produca concretamente opere belle e funzionali, che sia costituito da singoli individui che ne rispecchino i valori.

Se è difficile stimolare curiosità e intraprendenza in un regime dittatoriale o totalitaristico, come mai ciò sembra impossibile anche in una Repubblica Parlamentare come quella italiana? La soluzione va ricercata nel contatto diretto con quelle civiltà che hanno posto le basi per il nostro presente, con l’avvicinamento alle loro opere concrete, unica fonte originale a noi pervenuta.

Ma come è possibile, oggi, avvicinarsi ai classici, senza alterarne l’autentico significato, affinché aderiscano al nostro tempo? Dobbiamo a loro rivolgerci “come al padre venerabile, come quando rendiamo visita ai nostri defunti”, non limitandoci alla mera superstizione, ma rigenerandoli, e restando consapevoli dell’impossibile utopia di un ritorno al passato. La memoria, infatti, vale solo se reinterpretata, non se la si guarda come un quieto fondamento: i classici devono essere fonte di inquietudine, quell’inquietudine che ci spinge ad indagare negli angoli più remoti dell’esistenza, che ne mette in luce le contraddizioni.

“Leggete i classici. Leggeteli bene. Leggeteli in lingua.”

Veronica Ferra e Teresa Fassetta
Liceo Grigoletti di Pordenone